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LA SOPRAVVIVENZA DOPO LA MORTE secondo la Scrittura

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2022 21:06
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23/01/2022 21:06
 
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L'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA UMANA

L'anima è il principio vitale dell'uomo. Nella Bibbia anima e spirito sono utilizzati spesso come sinonimi (Sapienza 16,14; Isaia 26,9; Baruc 3,1; Giacomo 2,26; Apocalisse 6,9). Si può dire infatti che l'uomo è composto di anima e di corpo, oppure di spirito e di materia.
Lo spirito umano – comunemente detto anima – non va confuso con lo spirito di cui parla l'apostolo nella sua lettera (1Tessalonicesi 5,23), poiché quello a cui Paolo fa riferimento è il dono dello Spirito Santo, cioè la grazia salvifica, e non un costituitivo della persona. Questa grazia va conservata affinché possiamo sempre camminare nella luce, e il giorno del giudizio non ci sorprenda come un ladro, a nostra rovina (1Tessalonicesi 5,1-9.23).
Inoltre questo dono dello Spirito Santo non dimora in tutti gli uomini, ma solo in coloro che vivono secondo la legge di Dio. Coi termini nefesh e psyché, tradotti con anima, la Scrittura indica, oltre alla parte spirituale dell'uomo per cui egli è immagine di Dio (Genesi 1,26; 2,7), la persona (Genesi 2,7; Matteo 26,38; Luca 1,46; Giovanni 12,27; Atti 2,41), la vita (1Re 19,4; Salmi 40,14; Ezechiele 18,4; Matteo 16,25-26; 20,28), il sangue (Genesi 9,4; Levitico 17,14; Deuteronomio 12,23), ogni essere vivente (Deuteronomio 20,16; Giosuè 10,28.40; Apocalisse 16,3).
Anche coi termini ruah e pneuma, tradotti con spirito, la Scrittura indica non solo la parte spirituale dell'uomo (Sapienza 15,11; 16,14; Siracide 34,13; Ebrei 12,23; Giacomo 2,26; 1Pietro 3,19-20) ma pure la persona (Luca 1,47), i sentimenti (Numeri 14,24; 1Maccabei 13,7), la vita (Giobbe 17,1). Col termine Spirito, inoltre, viene indicata la divinità (Giovanni 4,24; Atti 5,3-4) e i suoi doni (Isaia 11,2-3). La Scrittura fa spesso riferimento alla vita oltre la morte del corpo. Nel Primo libro di Samuele (28,8-19) il re Saul poté consultare il defunto Samuele, mediante una donna che praticava la divinazione. Quello spirito era veramente Samuele (v 14), e l'episodio prova che le anime sopravvivono alla morte del corpo. La pratica della divinazione e dell'evocazione dei morti è condannata da Dio. Evidentemente solo in questo episodio è stata permessa.
Nel Secondo libro dei Maccabei vediamo che gli spiriti di due defunti, Geremia e Onia, innalzavano molte preghiere a Dio, intercedendo per il popolo ebraico (2Maccabei 15,6-16). Questo episodio è un'altra testimonianza della vita oltre la morte del corpo, cioè dell'immortalità dell'anima. Nel vangelo secondo Luca leggiamo: « Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle tende eterne » (Luca 16,9). Il senso figurato di tende eterne è quello della condizione dei giusti dopo questa vita. Luca fa quindi riferimento alla sopravvivenza dell'anima dopo la morte del corpo, e alla retribuzione per i giusti, accolti nelle tende eterne da altri fratelli che furono già accolti prima di loro. Nell'episodio della Trasfigurazione, Pietro e Giacomo e Giovanni videro gli antichi profeti Mosè ed Elia che conversavano con Gesù (Matteo 17,3). Questo episodio è un altra testimonianza della vita oltre la morte del corpo, e quindi dell'immortalità dell'anima dell'uomo.
Nel vangelo Gesù fa una chiara distinzione tra anima e corpo: « E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna » (Matteo 10,28). Egli afferma che solo Dio è Colui che può far perire l'anima e il corpo nella Geenna. L'immagine della Genna è utilizzata in senso figurato per indicare la condizione delle anime dannate (Matteo 18,8; Giuda 7; Apocalisse 21,8).
Nell'episodio della crocifissione, Cristo fa questa promessa al malfattore pentito: « In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso » (Luca 23,43). Ciò significa che, anche se il corpo muore, l'anima sopravvive. Ne era convinto anche Stefano, il quale, mentre subiva il martirio, pregava dicendo: « Signore Gesù, accogli il mio spirito » (Atti 7,59). Il giovane diacono era certo di essere subito accolto, dopo il martirio, nel regno di Dio. Chiaro riferimento alla vita dopo la morte del corpo, quindi alla sopravvivenza dell'anima e alla gloria del cielo come retribuzione per i giusti.
L'autore della lettera agli Ebrei, scrive: « Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele » (Ebrei 12,22-24). L'autore della lettera menziona gli spiriti dei giusti portati alla perfezione. Altro riferimento alla vita dopo la morte del corpo. Nella sua lettera alla Chiesa di Efeso, Paolo scrive: « Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne » (Efesini 1,23-24).
Paolo era combattuto tra il desiderio di essere sciolto dal corpo per stare con Cristo, e il dovere di rimanere nel corpo per predicare il vangelo, il che era conveniente per quelli al quale il vangelo era da lui predicato. Anche questo è un riferimento alla vita dopo la morte del corpo, quindi dell'immortalità dell'anima. Contrariamente Paolo avrebbe detto una cosa insensata, poiché se l'uomo è solo carne e non pure spirito, allora come potrebbe Paolo stare con Cristo se sciolto dal corpo? E ovvio che l'apostolo faceva riferimento all'anima immortale sciolta dalla sua carne mortale.
Nella sua prima lettera, Pietro scrive: « Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò a predicare anche agli spiriti che attendevano in prigione; essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua » (1Pietro 3,18-20). Cristo predicò agli spiriti dei defunti castigati al tempo di Noè.

Un altro chiaro riferimento alla sopravvivenza dell'anima umana dopo la morte del corpo. Nel libro dell'Apocalisse si legge delle anime dei martiri che gridano a gran voce: « Fino a quando, Sovrano, tu che sei Santo e Verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra? » (Apocalisse 6,9-10). L'anima dell'uomo sopravvive oltre la morte del corpo. Questa è immortale. Nel Qoelet si legge che i morti « non sanno nulla, non c'è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce » (Ecclesiaste 9,5).

Ciò si deve al fatto che la rivelazione della sopravvivenza dell'anima dopo la morte del corpo è stata progressiva. Inizialmente si credeva che la sorte dei giusti e quella dei malvagi fosse la medesima. In seguito si arrivò a credere non solo alla sopravvivenza dopo la morte, ma pure ad una retribuzione per i giusti e per i malvagi (Luca 16,22-23). Cristo nella sua predicazione parlerà di fuoco eterno per i malvagi (Matteo 18,8; 25,41), e di paradiso per i giusti (Giovanni 14,2-3; Luca 23,43). Alla risurrezione dai morti (2Maccabei 7,9; Daniele 12,2; Giovanni 5,28-29; 1Tessalonicesi 4,13-14) l'anima di ognuno verrà riunita al proprio corpo, affinché anche il corpo, nella vita eterna, possa partecipare al premio o al castigo meritato (Matteo 25,31-46), al quale le anime già ora partecipano.
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Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una TORRE, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un NOME...Gen 11,4
 
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