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ALCUNE delle ATTIVITA' DEL RnS

Ultimo Aggiornamento: 30/04/2024 18:28
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21/01/2019 20:12
 
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DIETRO LE SBARRE.
Lavoro per i detenuti, un piano in 5 regioni

Marco Iasevoli

Siglata un’intesa tra il ministero della Giustizia e la Fondazione Di Vincenzo. Il progetto partirà in Sicilia, Campania, Lazio, Lombardia e Veneto. Circa 1.800 persone verranno aiutate nella ricerca di un impiego. «Così combattiamo il rischio di recidiva».
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Dategli un lavoro e vi dimostreranno di cosa sono capaci. In un pianeta-carceri funestato da sovraffollamento, suicidi e aggressioni, muove i primi passi l’Agenzia nazionale reinserimento e lavoro per attuali ed ex detenuti. Una «novità di bene», una «utopia possibile», commenta nella sala Livatino del ministero della Giustizia un emozionato Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito Santo. L’associazione ecclesiale è il motore del progetto: alle porte di Caltagirone, sui fondi di don Sturzo, già vive un polo di eccellenza che aiuta decine di ex carcerati, realizzato in collaborazione con la Conferenza episcopale italiana, Caritas e diocesi di Piazza Armerina.

I risultati lusinghieri raggiunti in Sicilia hanno convinto via Arenula, attraverso la Cassa delle ammende del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, a finanziare con quasi cinque milioni di euro un progetto più ampio, che coinvolgerà nel primo periodo cinque regioni (Sicilia, Campania, Lazio, Lombardia e Veneto, in pratica metà della popolazione carceraria) e permetterà di avviare al lavoro circa 1800 persone. «Un’iniziativa concreta per combattere il pericolo di recidiva di chi esce dal carcere, realizzata attraverso la sussidiarietà tra pubblico e società civile», commenta il Guardasigilli Angelino Alfano. E il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, auspica «la veloce estensione dell’iniziativa ad altre regioni».

Anche perché, spiega il capo del Dap, Franco Ionta, «la formazione professionale porta benefici anche per la sicurezza dei cittadini». Il progetto prevede che Anrel assuma i compiti di una vera e propria agenzia di collocamento. Dapprima dovrà costruire una banca-dati di circa 6mila detenuti, di qualsiasi religione ed etnia. In seconda battuta prenderà in consegna le persone, formandole in specifiche attività del settore ambiente, ristorazione, servizi, agricoltura e artigianato, o sostenendole nella formazione di imprese e cooperative. I corsi di 500 ore, attivi entro sei mesi e completi di qualifica professionale, andranno dalla potatura alla lavorazione della ceramica, dalla meccanica alla pulizia, dalla cucina alla raccolta differenziata. Gli obiettivi sono ambiziosi: tramite le associazioni datoriali, si punta ad occupare come dipendenti 550 persone.

La collaborazione con il Comitato nazionale per il microcredito dovrebbe inoltre finanziare la nascita di un migliaio di cooperative e di oltre cento imprese. Tra le attività di Anrel appare, curiosamente, anche la formazione spirituale: «Sarà un accompagnamento personale libero e volontario, a partire dal credo praticato dal detenuto», specifica Martinez. Fitta la rete dei partner: la convenzione è stata siglata dalla Fondazione intitolata a mons. Francesco Di Vincenzo, ente nato su iniziativa di Rns, e dal ministero della Giustizia, ma ha presto coinvolto il Comitato per il microcredito, il dicastero dell’Istruzione, l’Agenzia per i beni confiscati alle mafie, Caritas, Acli, Coldiretti e Prison fellowship.

Tutti concordi nella stessa analisi: il lavoro diminuisce del 90 per cento il pericolo di recidiva. E allora, anche altre misure come la costruzione di più carceri e un numero maggiore di agenti potrebbero risultare insufficienti se non si parte dalla «dignità della persona».
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