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BACH E LA SUA MUSICA

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    Coordin.
    00 23/04/2010 18:49
    ...e L'Oscar per il ¨piú grande compositore di tutti i tempi¨ va da ....Johann Sebastian Bach!!!  Bach é la vera ragione per la quale decisi di rimanere un interprete e non sentii la necessitá di diventare un compositore.  Dovevo essere almeno parzialmente responsabile di mantenere il suo lavoro vivo.  Nel lavoro di Bach troviamo le piú alte e preziose virtú di un essere umano:  Fede, lavoro, amore e passione illuminate dal piú grande genio che sapeva esattamente da dove proveniva e dove desiderava andare:  il Cielo.  Se un Oscar gli fosse mai stato assegnato egli ne avrebbe certamente cambiato la dedica e l´avrebbe sostituita con un´altra che dicesse ¨Deus omnis gloria¨.  Sono occorsi 49 anni e gli sforzi di 12 nazioni e di 23 membri di famiglie reali per mettere assieme e pubblicare il corpus completo dei sopravissuti lavori di Bach. 

    Bach¨ Quelli di noi ammiratori di Bach e del suo lavoro trovano nella sua opera perfetta unitá ed equilibrio di sottile emotivitá e profonditá con una impressionante ed ineguagliata profonditá di mezzi tecnici ed architettura con i quali essi sono ottenuti.  Sebbene il lavoro di Bach puó e dovrebbe essere ammirato per la sua ineguagliata bellezza e potenza emotiva, soltanto uno studio accurato rivela l´uso di complessi, formali, mezzi tecnici e strutture dalle quali Bach trae quella altezza di sentimenti umani in una maniera che rivela i lavori di uno dei supremi intelletti di tutti i tempi¨.
    Copyright  Bernard S. Greenberg
     
    Personalmente mi ritengo benedetto di appartenere alla stessa professione di J. S. Bach.  La mia infinita ammirazione per l´uomo fu innescata da un piccolo libro tascabile che il maestro Abel Carlevaro mi prestó e che fu il solo libro che io ho letto in un giorno.  Era la vita di Bach vista attraverso il diario di sua moglie.  Quel momento indimenticabile in cui tu sei colpito dalla grandezza di una vita normale unita alla piú grande genialitá musicale che l´umanitá abbia mai conosciuto prima o dopo...  La grandezza di una vita normale ed il suo significato eterno....
     

    Gli aneddoti quotidiani raccontati da Anna Magdalena mi fanno semplicemente partecipare alla vita dell´uomo.  L´uomo era...UN UOMO!!  Era felice, a volte triste, ed anche disperato.  Aveva una Fede, una passione.  A volte si irritava ed a volte aveva timore...fumava la pipa e le ha perfino dedicato poesie...Anna gli sopravvisse dieci anni e morí in un ospizio per poveri.  Fu felice di vivere con lui.  Johannes non desideró mai di essere il piú grande...era semplicemente un Bach in piú ad essere musicista (sette generazioni di Bach avevano giá incluso cinquanta cantori, organisti e musicisti locali) egli desiderava fare il suo lavoro ¨Tanto bene come egli sapeva come...¨.  Aha...che frase!  ¨tanto bene come egli sapeva come...¨ Questo era ¨tutto¨.  Dovevo fare ció per somigliare all´uomo che io piú ammiravo...fare il mio lavoro tanto bene come io sapevo farlo...

    La musica di Brahms é bellissima, peró io penso che il suo piú grande successo fu quello di rivitalizzare la figura di Bach per tutte le generazioni future.  Si racconta che dicesse ¨ I due piú grandi eventi della mia vita sono la fondazione dell´Impero Germanico e il completamento  delle pubblicazioni delle Gesellschaft  di Bach¨.  Noi sappiamo cosa é successo al primo ma il secondo é senz´altro l´Impero dove il sole non tramonta mai...

    Il  Mondo di Bach
    Il mondo di Bach

    La Ciaccona Johann Sebastian Bach, dalla Partita per Violino No.2 BWV 1004

  •   E il piú importante lavoro strumentale di Bach, appartiene al periodo di sei anni, 1717-1723, quando era direttore dell´orchestra della corte in Cothen.   Anche i calmi e piacevoli lavori per clavicembalo appartengono a questo periodo assieme alle invenzioni.  La Ciaccona fu il piú ardito lavoro di questo periodo e probabilmente una delle piú alte realizzazioni musicali dell´umanitá.
  • La Ciaccona é uno speciale tipo di continui temi e variazioni dove un quasi corto soggetto (normalmente 4 misure) é instancabilmente ripetuto e variato.  La totalitá delle 60 variazioni sono costruite su un basso discendente: Re, Do#, Sib, La. É una danza lenta in semplice metro triplo (le composizioni di Bach erano tutte in tempo triplo come un a ricordare il suo amore per la Santissima Trinitá), spesso in chiave minore.  Usa il ritmo di una Sarabanda (una antica danza spagnola).  Tutto il genio divino di Bach e maestria musicale si ritrovano nella Ciaccona e ¨nessun altro compositore ha mai composto un tal gigantesco capolavoro¨.  É anche logico rischiare dicendo che nessun altro compositore la ugueglierá ¨é un trionfo dello spirito sulla materia¨
  • La Ciaccona é uno speciale tipo di Tema e variazioni dove un soggetto relativamente corto (normalmente 4 misure) é instancabilmente ripetuto e variato.  La totalitá delle 60 variazioni sono costruite su un BASSO DISCENDENTE RE, DO#, SIb, La. É una danza lenta in semplice metro triplo (le composizioni di Bach erano tutte in tempo triplo come un eco del suo amore per la Santissima Trinitá), spesso in tonalità minore.  Usa il ritmo di una Sarabanda (una antica danza spagnola).  Tutto il genio divino di Bach e maestria musicale si ritrovano nella Ciaccona e ¨nessun altro compositore ha mai composto un tal gigantesco capolavoro¨.  É anche logico rischiare dicendo che nessun altro compositore la ugueglierá. ¨E' un trionfo dello spirito sulla materia¨ Philipp Spitta, studioso di Bach.

  • Il tema appare immediatamente all´inizio, nelle prime 4 misure, e ricorre (sotto forma di un soggetto) ogni 4 misure attraverso tutta la composizione.  Il tempo deve essere abbastanza lento dovuto al ritmo armonico¨La trascrizione ed esecuzione di Segovia é superba, con la chitarra che consente un basso profondo, una ottava piú bassa di quanto scritto, in maniera che la musica é sottolineata nella sua maestá ¨.  L´esecutore deve essere cosciente della trasformazione del soggetto basico di 4 note (Re, Do#, Sib, La).  Il soggetto non solo si ripete quasi ininterrottamente, ma Bach lo ripropose e trasformó in molte versioni, in note, in sedicesimi e ottavi, e l´esecutore dovrebbe essere cosciente che questi segmenti dividono la musica in proposte basiche.  Questo approccio aiuta anche l´esecutore ad apprendere il pezzo in quanto questo consente di suonare molti ¨micro-pezzi¨ uno dopo l´altro.  La serie di classi magistrali di Abel Carlevaro sulla Ciaccona é il migliore arrangiamento e digitazione che puoi trovare.  É pubblicato da Chantarell ed io ebbi il privilegio di analizzare molte e varie possibilitá di digitazione con il grande maestro uruguaiano.  Il pezzo é adatto per qualsiasi esecutore e la musica permette varie possibilitá di digitazione.  Ricorda che l´approccio di Carlevaro alla digitazione, contrariamente a quello di Segovia, era aperto alla ¨discussione¨ ed il maestro diceva sempre...¨Qualsiasi funzioni migliore per te¨....

    ¨La Ciaccona dimostra chiaramente che gli esseri umani hanno una capacitá incredibile per elaborazione e variazione.  Chiunque possa parlare su un soggetto per quindici minuti senza esaurire idee e senza ripetersi, capirá che pietra miliare epica ed umana sia la Ciaccona in Re m.  Il suo ¨soggetto¨ é la progressione di accordi Re, Do#, Sib, e La.

    Bach crea su questa progressione per circa 15 minuti, senza ripetersi, e mantenendo la nostra attenzione!  La Ciaccona é un pezzo tecnico che illustra non solo la ingegnositá e la perfezione dei mezzi (violino/piano/chitarra/orchestra), ma la capacitá del corpo umano ad usarli in maniere intelligente.  Questo lavoro é il pezzo di musica piú difficile di tutti i tempi e di qualsiasi strumento...richiede incredibile arte musicale e dominio tecnico dello strumento.  La Ciaccona é un lavoro sentimentale che esplora l´intera gamma delle emozioni umane.  É come se, nonostante i mezzi economici e magia tecnica, Bach riesce ancora a darci brividi ed entrare nei nostri cuori.

        ¨ La Ciaccona é il piú bel  pezzo di musica di immensurabile profonditá.  In un pentagramma, per un piccolo strumento, l´uomo scrive un intero mondo di profondi pensieri e sentimenti fortissimi.  Se io immaginassi di poter aver creato o addirittura concepito il pezzo, sono sicuro che l´eccesso di eccitazione e dirompente esperienza mi avrebbe fatto impazzire.¨ Johannes Brahms

         Questo gigantesco pezzo é indiscutibilmente il piú grande insieme di variazioni mai scritto per qualsiasi strumento.  É stato trascritto praticamente per ogni strumento capace di trattenerne la ricca armonia, e rimane come una danza spagnola in lento triplo tempo.  Molta dell´attrazione della sua malinconica bellezza si é estesa dal sedicesimo secolo in avanti.  Le uniche altre variazioni che appena si avvicinano alla sua perfezione sono le Goldberg Variations (Glenn Gould interpreta questo capolavoro pienamente al piano).  Se Bach avesse scritto soltanto questi due lavori sarebbe lo stesso considerato il piú grande compositore mai vissuto. 

      L´opera é spesso eseguita separata dalle altre danze della Partita e consiste di 31 variazioni.  Giunge ad una intensitá il cui epicentro é la sezione media nella chiave comparativa del D maggiore.  Oggi la partitura originale, con scrittura autografa di Bach, ci fornisce un´ eccezionale referenza per comprendere le intenzioni musicali del compositore. 

    La Ciaccona é stata eseguita e registrata da numerosi musicisti.  L´arrangiamento orchestrale di Leopold Stokowsky rappresenta  forse il sogno di Bach divenuto realtá...e poiché io sono uno dei pochi musicisti ad aver registrato il pezzo con la chitarra, é senza dubbio il mio sogno divenuto realtá.

    Oscar
    Per Johann con amore
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    Coordin.
    00 23/04/2010 18:58

    L'incarico di Cantor et Director Musices richiedeva non solo che egli insegnasse a cantare agli studenti della scuola di canto, ma che fornisse anche settimanalmente musica per le due chiese principali di Lipsia. Andando ben oltre le richieste, Bach si sforzò di comporre una nuova cantata ogni settimana. Questa programmazione del lavoro, che tutto sommato era sostenibile dal momento che in pratica consisteva nello scrivere un'ora di musica ogni settimana, pur se in aggiunta ai più ordinari compiti della scuola, si rivelò per Bach talmente stimolante da indurlo a produrre musica realmente sublime, che è stata conservata per la maggior parte.

    Molte delle cantate di questo periodo sono ispirate alle letture bibliche domenicali della settimana secondo il calendario liturgico evangelico e utilizzano - rielaborate in varie forme - le melodie degli inni luterani, dai quali la cantata stessa prende il titolo, come in Wachet auf! Ruft uns die Stimme e Nun komm, der Heiden Heiland.

    Per i giorni delle solennità festive, quali il Natale, Venerdì Santo e Pasqua, Bach scrisse cantate e oratori di particolare bellezza, come ad esempio il Magnificat per il Natale, o di notevole complessità come la Passione secondo Matteo per il venerdì Santo. Il compositore stesso considerava la monumentale Passione secondo Matteo tra le sue opere migliori; nella sua corrispondenza si riferiva a quest'opera come alla sua "grande Passione" e ne preparò con attenzione un manoscritto autografo che richiedeva per la sua rappresentazione la partecipazione di tutti i musicisti disponibili nella città. La rappresentazione bachiana dell'essenza e del messaggio della cristianità nella sua musica religiosa è così potente, accurata e bella, che in Germania il suo autore a volte viene considerato come un Quinto Evangelista[18], e nel calendario liturgico luterano Bach è commemorato nel giorno della sua morte, il 28 luglio[19].

    Nel 1731 Bach pubblicò una raccolta di sei partite con il nome di Clavier-Übung. In realtà queste partire erano già uscite separatamente nel 1726 ed era la prima opera che Bach giudicasse abbastanza compiuta per essere pubblicata. Nei successivi quindici anni uscirono altri volumi del Clavier-Übung, l'ultimo dei quali continene una delle opere più importanti di Bach: l'Aria con diverse variazioni. Stampate nel 1742, saranno chiamate Variazioni Goldberg dal nome dell'allievo di Bach Johann Gottlieb Goldberg.

    A Lipsia Bach assunse anche la direzione del Collegium Musicum: questa istituzione, fondata da Georg Philipp Telemann, ogni venerdì teneva dei concerti al Caffè Zimmermann, concerti per i quali Bach compone diverse cantate di carattere non sacro, come la Cantata dei Contadini e la Cantata del Caffè. Durante questo periodo Bach compose il Kyrie ed il Gloria della Messa in Si minore, e, nel 1733, presentò lo spartito al re Augusto III di Polonia, sperando di convincere il sovrano a nominarlo compositore di corte. Bach completò poi il lavoro con l'aggiunta di Credo, Sanctus ed Agnus Dei.

    A Lipsia Bach si trovò a suo agio con i docenti dell'università; molti dei professori divennero padrini dei suoi figli ed alcuni degli uomini di lettere e dei teologi in servizio all'università fornirono i libretti per le sue cantate. Bach, negli ultimi anni della sua vita, ebbe una relazione di amicizia particolarmente redditizia sul piano artistico con il poeta Picander. È singolare il fatto che che non si incontrò mai con Georg Friedrich Händel, pur essendo i due compositori nati nello stesso anno, entrambi tedeschi, e nonostante Händel fosse stato diverse volte in Germania. Nel 1747 Bach si recò alla corte di Federico II di Prussia a Potsdam, dove il re inventò sul momeno un tema al clavicembalo e sfidò Bach ad improvvisare una fuga basata sul suo tema. Bach improvvisò una fuga a tre voci, poi inviò al re l'Offerta Musicale, un'opera che consiste in fughe, canoni ed un trio, tutte composte sul tema ideato dal sovrano. L'Arte della fuga, pubblicata postuma, è incompiuta. Si compone di 18 fughe e canoni complessi basati sopra un tema semplice. Questo lavoro è spesso citato come la somma delle massime tecniche polifoniche.

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    Credente
    00 04/03/2022 14:49
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    L’organo e Bach: architettura e teologia



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    L’ultima sua registrazione che l’organista Enrico Viccardi ha dedicato a Das Orgelbüchlein di Johann Sebastian Bach, pubblicato dalla Da Vinci Classics, ci permette di fare qualche accenno su quello che Albert Schweitzer considerò, con riverente commozione, il “dizionario della lingua musicale”, una meravigliosa raccolta enciclopedica progettata sulla base di un principio sistematico che unisce in modo a dir poco unico diverse esigenze, a cominciare da quella di educare e preparare la capacità esecutiva dell’organista principiante, continuando con una chiara esemplificazione, in chiave musicale, fideistica e, parallelamente, il rispetto e l’adesione dei compiti liturgici da parte della comunità protestante. Come si sa, questo vero e proprio edificio artistico fu intrapreso da Bach durante il suo soggiorno a Weimar nel 1714, per essere poi interrotto due anni dopo; quindi, si tratta di un progetto rimasto incompiuto, con quarantacinque Corali ultimati sui 164 previsti, con un piano elaborato dal futuro Kantor sui testi pubblicati nel 1713 da Johann Leonhard Mumbach per disciplinare la liturgia a Weimar, anche se poi adottò un diverso criterio organizzativo, iniziando quindi dai canti delle festività anziché da quelli del servizio regolare.



    La cover del CD Da Vinci Classics dedicato a Das Orgelbüchlein di Johann Sebastian Bach.


    Ma, al di là della sua funzione squisitamente liturgica, Das Orgelbüchlein rappresenta il primo, assoluto vertice della volontà didattica bachiana, in cui il principio elaborativo viene costruito per gradi sempre più crescenti, in fatto di complessità e di difficoltà, per ciò che riguarda il costrutto contrappuntistico presente nei Corali. Senza però dimenticare anche l’apporto espressivo di questi capolavori e il potente significato simbolico insito in essi. Non per nulla sono proprio questi quarantacinque corali a incarnare la chiara volontà di Bach di rivestirli di un intento numerologico e ghematrico, come poi avverrà con ancora maggiore lucidità logica nel Kunst der Fuge e, soprattutto, nella Musikalische Opfer, arrivando al punto di suggerire, come ha fatto l'organista francese Georges Guillard, ma qui entriamo in un territorio a dir poco minato, doti veggenti del Kantor, il quale sarebbe stato in grado di predire addirittura il giorno della sua morte, poiché se si prendono a oggetto i corali della morte e resurrezione di Cristo, che ammontano a quattordici, ci si rende conto che tale numero corrisponde alla somma delle lettere che formano la parola BACH; inoltre, le loro 287 battute complessive potrebbero simboleggiare 28.7, ossia la data del 28 luglio che corrisponde al giorno e al mese del 1750 quando il sommo compositore morì. Attenzione, però, a non estremizzare, in quanto così facendo si rischia solo di andare a cercare aspetti del tutto grossolanamente esoterici che possono affascinare i lettori dei romanzi di Dan Brown o dei saggi bislacchi del trio formato da Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln. Una cosa dev’essere ben chiara: l’adozione di sistemi di riferimento numerici per Bach è utile non per infarcire di possibili enigmi le sue composizioni musicali, ma per creare, in termini ancora una volta didattici, un filo “occulto” all’interno della struttura generale che governa la creazione e perfino l’improvvisazione dei suoi lavori musicali. Con i numeri Bach non vuole tanto celare, quanto organizzare.


    Certo, come fa giustamente notare lo stesso Enrico Viccardi nelle note che accompagnano la presente registrazione, gli esempi numerologici non mancano, a cominciare dal fatto che la composizione dei 164 Corali fu probabilmente interrotta di proposito da Bach, tenuto conto che quarantacinque corrisponde al numero dei libri che formano l’Antico Testamento, mentre, tanto per continuare a dare i numeri, ventisette, ossia il numero dei brani raccolti nella Terza Parte del Klavierübung, corrisponde ai libri che danno vita al Nuovo Testamento (fermo restando che oggigiorno le Chiese protestanti riconoscono trentanove libri, così come la religione ebraica, mentre il credo cattolico e il canone alessandrino ne contemplano quarantasette).


    Nella sua efficace e dotta introduzione alla registrazione, l’organista lodigiano entra in merito ad alcuni dei Corali che fanno parte de Das Orgelbüchlein, con il chiaro intento, giustamente, di mettere in risalto la sagacia architettonica che si cela dietro questi capolavori, un’architettura che ha sempre, ed è il caso di ribadirlo, una valenza prettamente teologica; a cominciare dal primo Corale, Nun komm, der Heiden Heiland BWV 599, il quale attraverso la sua quadrupla di sedicesimi con cui prende avvio, si materializza simbolicamente la figura di una croce e se si unisce la prima alla terza nota, e la seconda alla quarta, si ottiene la lettera greca χ, che oltre a formare la croce in questione, è anche l’iniziale del nome di Cristo. Ebbene, tale figurazione appare quattordici volte in tutto il Corale e se si assegnano dei valori alle lettere dell’alfabeto, attraverso il principio ghematrico, il numero quattordici risulta dalla somma di B (2), A (1), C (3) e H (8). E qui subentra il risvolto teologico, il significato ultimo che Bach vuole dare alla composizione, ossia che la presenza di questa croce in un Corale elaborato per il periodo dell’Avvento prefigura già la passione e la morte che Cristo dovrà affrontare; inoltre, la presenza del nome del Kantor celato in esso potrebbe esprimere il fatto che Cristo s’incarna e si sacrifica per ogni singolo essere umano, allegoricamente rappresentato dal compositore stesso.



    L'autografo del Corale Das alte Jahr vergangen ist BWV 614.


    Questa straordinaria e commovente capacità di creare con la precisa consapevolezza di poterne anche proiettare la sua costruzione architettonica/teologica è presente anche nel Corale che segue, Gott, durch deine Güte (o Gottes Sohn ist kommen) BWV 600 che rappresenta è uno dei pochissimi brani di Bach che vanta precise indicazioni per ciò che riguarda il registro; così per i manuali è indicato il Principal 8 Fuss, mentre per i pedali viene indicato il Trompete 8 Fuss. Ora, il Corale mostra un canone all’ottava tra Soprano e Tenore e illustra come Cristo sia venuto per indicarci il cammino che conduce fino a lui. Inoltre, bisogna notare, come avviene in questo Corale, che quando Bach affida un cantus firmus alla voce del Tenore, lo fa quasi sempre in quanto nei testi sacri (ecco il risvolto teologico) la figura del Cristo viene menzionata come mediatrice tra Dio e l’uomo e questo perché la voce del Tenore si trova idealmente tra il basso e l’alto nei manuali. Lo stesso Viccardi precisa che alla battuta 16 alcune edizioni aggiungono un segno naturale sul primo si nella parte del contralto, mentre in realtà nel manoscritto ci si rende conto che si tratta di un si bemolle: ebbene, se si lascia quella nota come riportato nell’autografo, vengono a formarsi le note, riportate ovviamente nella notazione tedesca, B (si bemolle), A, C, H (si naturale), ossia, ancora una volta, BACH.


    Un’altra peculiarità insita nel modo di comporre da parte di Bach è data dalla capacità di fornire un’idea, un’impressione di contrasto tra un brano e quello che immediatamente lo segue, come appunto accade nei corali Das alte Jahr vergangen ist BWV 614 e In dir ist Freude BWV 615, scritti per la fine di un anno e per l’inizio di uno nuovo. In questo caso il BWV 614 (costituito da dodici battute, come i mesi di un anno) esprime tutta la sofferenza, il dolore e le immancabili preoccupazioni dell’anno che si chiude; tutte emozioni racchiuse da un tetracordo cromatico, che dà luogo a un moto malinconico e struggente, mentre, al contrario, il BWV 615 incarna pienamente una grande felicità per l’anno appena nato, carico di promesse e di speranze. Ciò viene musicalmente reso dalle prime quattro note del Corale che si ascoltano quattordici volte, più volte riproposte da ciascuna delle quattro voci, come se si trattasse di un gioioso rintocco di campane, prima dell’ingresso del secondo frammento del cantus firmus. Da parte sua, la pedaliera rafforza il sentimento di grande gioia attraverso una tipica figurazione dal carattere ostinato; senza contare che le prime dodici battute non contengono alterazioni aggiunte rispetto a quelle in tonalità, con il risultato di esprimere simbolicamente l’augurio che i dodici mesi appena iniziati rimangano immutati, senza arrecare né dolore né sofferenza.


    Giustamente, Enrico Accardi si sofferma anche sul Corale della Passione O Mensch, bewein dein Sünde groß BWV 622, posto a metà della raccolta, come a fare da spartiacque tra un prima e un dopo; un prima rappresentato idealmente, a livello di accordo, da quello precedente, il corale Da Jesu an dem Kreuze Stund BWV 621, che si conclude su un accordo di mi maggiore. Forse, con la volontà di accennare a un inchino davanti al mistero supremo, Bach scelse tale chiave anche per il BWV 622. L’importanza di O Mensch, bewein dein Sünde groß è data anche dalla sua durata che, con i suoi oltre sette minuti, è il più lungo di tutto Das Orgelbüchlein: una lunghezza che permette al Kantor di sfruttarne a pieno la sua profondità espressiva basata sui testi di Sebal Heyden, che narrano i capitoli fondamentali della vita di Cristo.


    Da parte mia, sempre sulla base dell’assioma dato dalla costruzione architettonica e dal substrato teologico, mi limito a ricordare il Corale Vom Himmel kam der Engel Schaar BWV 607, la cui struggente melodia è di Michael Praetorius, dove il movimento dei sedicesimi contenuti in successioni di scale ascendenti e discendenti intende simbolizzare il movimento della schiera degli angeli nell’immensità del cielo, così come il Corale Jesu, meine Freude BWV 610, il cui carattere contemplativo insito sia nel testo, sia nella melodia esprimono il significato dell’innocente e profonda contemplazione del piccolo Gesù, oltre a esprimere, da parte della comunità dei fedeli, l’intima gioia spirituale per la venuta di Gesù, ossia del puro Agnello, lungamente atteso. Infine, il densissimo Corale Hilf Gott, dass mir’s gelinge BWV 624, la cui melodia ha forse un’origine secolare di autore ignoto, risalente probabilmente al 1545. Si tratta di un brano che pone in rilievo la meditazione sulla morte di Gesù, sulla divulgazione della sua parola per mezzo dei dodici Apostoli e sul confronto divino che l’uomo può avere grazie alla preghiera, senza dimenticare che la dodicesima strofa dell’inno accenna alla discesa dello Spirito Santo che porta la parola di conforto e di verità divina, secondo quanto viene enunciato dal Vangelo secondo Giovanni, il più escatologico e misterico. Proprio partendo da tale assunto teologico, si può comprendere meglio il movimento di scale a terzine (simboleggianti la Trinità) ascendenti e discendenti che Bach fa enunciare con la mano sinistra nel corso del Preludio e che accompagnano un canone alla quinta inferiore.



    L'organista lodigiano Enrico Viccardi.


    Enrico Viccardi ha registrato Das Orgelbüchlein sul mirabile organo Daniele Maria Giani che si trova nella Chiesa del Governatorato in Vaticano; ascoltando con attenzione la sua interpretazione, si può riassumerla e condensarla con due parole: rigore e amore. Due termini che a volte, in una lettura musicale, possono entrare in contrasto o dare vita a una possibile aporia, in quanto il rigore è come un buco nero che tutto assorbe nella sua fredda applicazione, svilendo il dono di un’espressività che al contrario emana calore, umana presenza, capacità di trasmettere emozioni profonde. Ma può anche capitare che la sensibilità di un interprete sia in grado di saper conciliare questi due apparenti poli opposti, ed è quanto riesce a fare l’organista lodigiano, il quale mette in atto quel rigore da lui anticipato idealmente dalle note di accompagnamento, le quali vanno a scavare sia l’aspetto architettonico, che necessita del giusto e irrinunciabile rigore senza il quale tutto l’edificio crollerebbe, sia quello espressivo, poiché, fino a prova contraria, la musica di Bach è prima di tutto amore, il quale viene irradiato attraverso una struttura logica che non ha paragoni in tutta la storia della musica colta occidentale. Viccardi, quindi, dimostra di essere un ottimo “mediatore” tra la sfera della mirabile forma incarnata dai Corali de Das Orgelbüchlein e quella data dal messaggio teologico presente in essi, un messaggio che non vuole essere solo l’emanazione del logos divino, ma il sentimento, almeno per coloro che sono guidati dal proprio fideismo, che si cela in esso. Ma, oltre a ciò, resta la bellezza del gesto interpretativo, la capacità di disciplinare la densissima materia di cui sono fatti questi Corali, di saperli inserire in un’ideale arcata generale che li governa e li unisce come atto d’amore che l’uomo dona al divino. Ecco, il punto è proprio questo, poiché la lettura di Enrico Viccardi, pur nel suo rigore estremo, è scevra da ogni tentazione di fredda tecnica esecutiva, di pura resa formale che tende a esaltare la pur commovente struttura armonica che forma le fondamenta di questo edificio chiamato Das Orgelbüchlein, per offrire all’ascoltatore una lezione di umanità, di conciliazione tra i bisogni e le paure dell’uomo e la rassicurante presenza di un’idea divina. E non è facile ottenere questo tipo di risultato attraverso una musica che è guidata da una matematica liquida, fissata nel pentagramma.


    Certo, mi piace pensare che questa lettura, così densa e amorevole, Viccardi l’abbia pensata, formulata, immaginata attraverso la decisione di servirsi di un organo moderno, ma anche così tenacemente tradizionale nella sua emissione timbrica, come quello che si trova nella Chiesa del Governatorato in Vaticano, la cui ricchezza nei manuali e nella pedaliera, oltre a esaltare debitamente i registri acuti e quelli gravi, in grado di rispondere degnamente alla ricerca di sfumature, di accenni da parte di chi lo suona, si unisce al fatto di essere allo stesso tempo declamatorio, trionfante, possente nel voler irradiare il dialogo uomo/divino.


    La presa del suono, effettuata da Federico Savio, denota prima di tutto una dinamica congrua, energica e più che lodevole nella sua naturalezza, una dinamica a dir poco indispensabile, tenuto conto che a livello di palcoscenico sonoro l’organo Giani è posto a una notevole profondità, capace di ricostruire l’ambiente nel quale è ospitato e la spazialità della chiesa, con un riverbero dosato e ridotto giustamente ai minimi termini. E che il riverbero faccia il suo dovere si capisce anche dal parametro dell’equilibrio tonale, capace di riprodurre sempre adeguatamente le continue sollecitazioni date dal registro grave e da quelle del medio-acuto, senza che si avvertano indebiti impasti timbrici. Il dettaglio è buono, anche se non scultoreo, in quanto, a causa della notevole profondità spaziale in cui è ricostruito lo strumento, la messa a fuoco a volte appare un poco granulare, anche se non viene mai meno la sua matericità.