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06/01/2011 17:27 | |
Le ragioni della tutela:
Preliminarmente va osservato che una certa tutela potrebbe essere offerta al concepito, anche senza riconoscerlo titolare di diritti. Infatti la protezione potrebbe essere motivata da ragioni estrinseche al suo valore.
Così l’esigenza di combattere in una nazione il crollo della natalità e l’invecchiamento della popolazione può indurre a misure protettive della vita nascente, anche se a questa non è riconosciuta autonoma soggettività. L’’interesse protetto sarebbe quello delle generazioni complessivamente considerate.
Ma non ci si può fermare a ragioni estrinseche bisogna ravvisare la ragione della tutela nel valore autonomo dell’embrione umano. Per cui la domanda principale diventa chi (o cosa) è il concepito e soltanto dopo tale indagine, che verterà sulla qualità di “uomo”, cioè di essere appartenente alla specie umana che si potranno attribuire al concepito dei diritti, appunto, umani.
E’ evidente che questa indagine non rientra nell’ambito della nostra trattazione a noi ne spetta una di tipo giuridico, nella quale però potremo notare come i vari ordinamenti giuridici, il Parlamento Europeo, il consiglio d’Europa e la corte costituzionale non negano diritti alla vita nascente anche nella sua fase prenatale, prorio perchè l’embrione è un essere umano nella fase più giovane della sua esistenza.
I diritti dell’embrione:
Partiamo dalle leggi legalizzatrici dell’aborto volontario, sia in quella italiana come in quella francese non c’è il presupposto logico di negare l’identità umana del concepito, anzi vi sono talora impegni di “tutela della vita umana sin dal suo inizio” che, seppur non chiariscono la ragione della protezione mal si conciliano con la negazione di qualsiasi significato della vita concepita.
A questo riguardo è meritevole il giudizio che il Parlamento Europeo ha data sulla ratio delle varie leggi sull’aborto vigenti nei paesi associati nella C.E.E. Nei lavori preparatori della risoluzione A2.732/88 sulla fecondazione artificiale in vivo ed in vitro si legge che il presupposto delle varie
normative permissive “non è la negazione del valore dell’’embrione, ma la necessità di risolvere un conflitto tra l’interesse della donna e quello dell’embrione.
Ebbene l’’idea di conflitto presuppone l’esistenza di diritti in contrapposizione”.1
Anche se poi tale conflitto è risolto a discapito dell’embrione qui interessa rilevare che neppure le leggi legalizzatrici dell’aborto negano a livello esplicito l’esistenza di diritti del concepito.
Inoltre sempre a tal proposito possiamo ricordare le tre raccomandazioni del Consiglio d’Europa, la 934 del 1982, la 1046 dell’86 e la 1100 dell’89 che sono, tra loro, logicamente collegate.
Esse “considerando che fin dalla fecondazione dell’ovulo la vita umana si sviluppa in modo continuo, sicchè non si posono fare distinzioni durante le prime fasi (embrionali) del suo sviluppo” affermano che “l’embrione e il feto umano devono in ogni circostanza beneficiare del rispetto dovuto alla dignità della vita amana”.2
Che l’embrione sia titolare di diritti personalissimi, in primo luogo quello alla vita,costituzionalmente garantiti3 lo si evince anche dalle sentenze espresse dalla varie corti costituzionali europee che in vario modo sono state interpellate sull’aborto.
Sostanzialmente hanno scelto la linea ambigua di non negare tali diritti e tuttavia non censurare nel nucleo essenziale le varie leggi permissive.4
Tale obiettivo è stato raggiunto utilizzando per lo più argomenti di procedura. Tipica la decisione n.108/81 della Corte Costituzionale Italiana la quale, pur non dissolvendo i fondati sospetti di incostituzionalità della legge sull’aborto, ha richiamato l’art.25 della Costituzione che impedirebbe l’annullamento di una legge se da esso derivano conseguenze penali per i cittadini. Tale decisione, seppure ha stabilito una preclusione che rende difficile la rimozione dei dubbi di costituzionalità con gli strumenti processuali, tuttavia nega alla legge qualsiasi patente di costituzionalità5.
Più autorevoli dovrebbero essere considerate le risoluzioni del Parlamento Europeo A.2. 327/88 e A.2372/88 sui prblemi etici e giuridici della manipolazione genetica e sulla fecondazione in vivo e in vitro, approvate il 16 Marzo 1989. In esse è rilevante l’esplicita affermazione degli Stati di proteggere la vita umana fin dal momento del concepimento-fecondazione e l’attribuzione all’embrione dei diritti fondamentali, individuati nel diritto alla vita ed alla integrità fisica, nel diritto alla famiglia, nel diritto alla identità psichica e genetica6.
Da questi principi i due documenti fanno rilevare: in nome del diritto alla vita: il divieto di sperimentare sull’embrione, di usare tecniche che ne producono lo spreco, di produrre embrioni più di quanti ne siano inseriti nell’utero materno, di congelare le uova fecondate; in nome del dirittto alla famiglia: l’atteggiamento favorevole solo alla fecondazione artificiale omologa tra i genitori viventi, e il divieto del c.d. affitto di utero e della maternità di sostituzione; dal diritto alla identità: il rifiuto di tecniche che producono esseri identici o fecondazione tra specie e più generalmente gli interventi sulle cellule germinali che non siano strettamente riparatori di malattie genetiche specificatamente catalogate.
Intensità e modi della tutela:
Precisati così i diritti resta da stabilire quale sia l’intensità della tutela e quale debbano essere le modalità di essa.
Le esigenze pratiche della “manipolazione genetica” spingono alcuni a distinguere tra embrione e pre-embrione, in modo da escludere la tutela per il secondo. Il pre- embrione sarebbe il prodotto del concepimento fino al 14° giorno dalla fecondazione7.
E’ evidente che se la distinzione fosse accolta si darebbe via libera ad ogni sperimentazione (possibile di fatto finchè l’embrione può svilupparsi in provetta , cioè entro il termine indicato) e cadrebbero tutte le obiezioni inerenti allo spreco di uova fecondate. Di rimbalzo anche gli aborti precocissimi sfuggirebbero ai pur tenui limiti delle leggi legalizzatrici e rientrerebbero nello spazio concettuale della contraccezione.
Senonchè avendo dimostrato che le basi biologiche di tale distinzione sono irragionevoli, la distinzione si rivela una inaccetabile discriminazione.Ultimamente la Germania ha varato la legge 13/11/1990 sulla “protezione dell’embrione” che, non solo rifiuta la distinzione ma punisce penalmente chiunque provochi la morte di un embrione fuori dal seno materno e definisce embrione “ l’uovo fecondato con possibilità di sviluppo dal momento di fusione della cellule”(art.8).
Un’ altra discussione è incentrata sull’assolutezzza o relatività della tutela accordata all’embrione.
Ma la questione è mal posta, perchè in un certo modo, ogni tutela dei diritti è relativa. Lo stesso diritto alla vita di un uomo adulto ha una minor tutela in certi casi ( stato di necessità, legittima difesa, stato di guerra , pena di morte, etc). Il vero problema è di stabilire se i diritti del concepito non ancora nato debbano avere o no la stessa consistenza dei paralleli diritti riconosciuti al già nato.
Guardando più profondamente il problema può ammettersi nella dignità umana una gradazione?
Oppure tra l’uomo o la cosa si può ammettere un tertium genus, una sorta di “mezzo-uomo” o “più che cosa”.
Così impostato il problema la risposta non può essere che univoca. Ancora una volta non possono operarsi distinzioni che discriminano l’uomo. La dignità umana è tale che c’è o non c’è, ma non può ammettersi solo parzialmente.
Un’altro tentativo di ridurre la tutela all’embrione è operato ricorrendo al concetto di “persona”: la salute della donna che è già persona ha priorità rispetto all’embrione che persona deve ancora diventare. Non si capisce bene in che senso si parla di “persona”.
Nel suo significato giuridico è “persona ogni punto di riferimento di diritti. Se dunque all’embrione si riconosce il diritto alla vita deve, per logica conseguenza, riconoscegliersi anche la personalità giuridica.
Infine c’è il tentativo di ridurre l’embrione a “persona potenziale”8. Ma le sintetiche osservazioni sin qui fatte non consentono alternative. Se la persona è attualmente solo potenziale, vuol dire che non è persona, ma cosa. Poichè però l’embrione è un essere umano la questione resta quella della impossibiltà di distinguere tra esseri umani che valgono di più ed esseri umani che valgono di meno9.
Diverso è il discorso dei modi di tutela. Il diritto penale è solo una strumento, ma non l’unico e non è detto che sia il migliore o il più opportuno in rapporto alle contingenze storiche.
Obblighi possono essere stabiliti anche in sede extra-penale.
Vi è poi tutto il campo dell’educazione, dell’informazione, delle strutture di solidarietà. delle politiche fiscali, sanitarie, abitative,etc. Qui non si può dire altro se non che la chiarezza del valore dell’embrione e sui suoi diritti è indispensabile presupposto di una strumantazione di tutela che, pur nella variabilità delle forme, voglia essere univoca e non trasformarsi nel suo contrario.
Bibliografia
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L’identità Biologica Dell’embrione 2
Identità filosofica dell’embrione umano 11
Identità Giuridica Dell’Embrione 22
Bibliografia 31
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