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RICERCA SU GESU' NELLA STORIA e STORICITA' DEI VANGELI

Ultimo Aggiornamento: 26/02/2024 17:25
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05/02/2019 00:00
 
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La Prima Lettera ai Corinzi,
fondamentale nel dibattito sul Gesù storico

gesù storico paolo di tarsoNella Prima Lettera ai Corinzi un resoconto risalente a due o tre anni dopo la morte di Gesù, attestato dai principali studiosi contemporanei. Ancora prima dei Vangeli, era di pubblico dominio il cuore dell’annuncio cristiano: la morte, la resurrezione e le apparizioni di Gesù di Nazareth.

 

Quando si tratta del Gesù storico, uno dei passaggi neotestamentari più importanti è certamente 1 Corinzi 15, 3-7. Ovvero, la Prima lettera ai Corinzi scritta da Paolo di Tarso, datata dalla comunità scientifica nel 50-55 d.C., circa vent’anni dopo la crocifissione del Cristo.

In particolare, a focalizzare l’attenzione è il versetto in cui l’apostolo delle genti confessa: «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto» (1Cor 15,3-7).

Per quale motivo queste parole di San Paolo sono così determinanti? Perché tutti i più importanti studiosi del Nuovo Testamento, credenti o non credenti, concordano sul fatto che l’apostolo sta qui trasmettendo una tradizione risalente a pochissimi anni dopo la morte di Gesù. Oltre al fatto che è ammesso dallo stesso Paolo e che utilizza paredoka e parelabon, termini greci equivalenti alla consegna e alla ricezione della tradizione rabbinica (1 Cor 11,23), l’apostolo impiega parole chiaramente non paoline, tra cui: “apparizione”, “per i nostri peccati”, “secondo le Scritture”, “i Dodici” ecc. Sono frasi che Paolo non ripeterà più nelle sue lunghe lettere alle prime comunità cristiane.

Il filosofo William Lane Craig ha giustamente osservato che l’unico momento in cui egli può aver appreso questo racconto è «la visita che lui stesso menziona» alla comunità cristiana di Gerusalemme (guidata da Pietro e Giacomo), «avvenuta tre anni dopo la sua conversione sulla via di Damasco». Secondo lo studioso agnostico Bart. D. Ehrman«Paolo deve aver incontrato Cefa e Giacomo tre anni dopo la sua conversione, ricevendo le tradizioni che riportò nelle sue lettere, verso la metà degli anni Trenta, diciamo nel 35 o nel 36. Le tradizioni che ereditò erano, ovviamente, più vecchie e risalivano probabilmente a un paio d’anni circa dopo la morte di Gesù. Ciò dimostra in modo lampante quanto fosse di pubblico dominio, immediatamente dopo la data tradizionale del suo decesso o quasi, che Gesù fosse vissuto e morto» (Did Jesus Exist? HarperCollins Publishers 2012, p. 132).

 

I principali studiosi (anche atei): “1Cor 15,3-7 risale a due anni dopo la morte di Gesù”.

L’eminente storico del cristianesimo primitivo, Gary Habermas, ha raccolto in un articolo peer-review del 2006 le conclusioni dei principali studiosi (anche critici, agnostici o non credenti) sulla Prima lettera ai Corinzi. «Gli studiosi contemporanei», ha scritto Habermas, «concordano che l’apostolo Paolo è il principale testimone delle prime esperienze di resurrezione. Un ex avversario, Paolo, afferma che Gesù risorto gli apparve personalmente. Il consenso accademico è piuttosto attestato e poche altre conclusioni sono più ampiamente riconosciute del fatto che in 1 Corinzi 15, 3-7 Paolo registra una tradizione orale antica. Questo resoconto pre-paolino riassume il contenuto centrale dei Vangeli, cioè che Cristo morì per il peccato degli uomini, fu sepolto, resuscitò dalla morte e poi apparve a molti testimoni, sia individui che gruppi» (G. Habermas, Experiences of the Risen Jesus: The Foundational Historical Issue in the Early Proclamation of the Resurrection, Dialog: A Journal of Theology, Vol. 45; No. 3 (Fall, 2006), pp. 288-297).

Hebermas cita alcuni esempi. Come il filosofo ateo Michael Martin, sostenitore della teoria del mito di Cristo, il quale scrisse: «Tuttavia, abbiamo un solo testimone oculare contemporaneo di un’apparizione post-mortem di Gesù, cioè Paolo» (M. Martin, The Case Against Christianity, Temple University 1991, p. 81). Ulrich Wilckens, professore emerito di Nuovo Testamento afferma che «indubbiamente risale alla fase in assoluto più antica nella storia del cristianesimo primitivo» (U. Wilckens, Biblical Testimony to the Resurrection: An Historical Examination and Explanation, St. Andrew 1977, p. 2). Lo stesso sostengono il celebre studioso Joachim Jeremias, il filosofo Thomas Sheehan e Walter Kasper, cardinale cattolico e rinomato studioso del cristianesimo primitivo, il quale sostiene che 1Cor 15,2-7 fosse già «in uso alla fine del 30 d.C.» (W. Kaspar, Jesus the Christ, Mahweh: Paulist 1976, p. 125). Anche lo scettico tedesco Gerd Lüdemann ritiene che «la formazione delle tradizioni menzionate in 1Cor 15, 3-8 cade nel tempo tra il 30 e il 33 d.C.» (G. Ludemann, The Resurrection of Jesus, Fortress 1994, p. 38). Allo stesso modo, l’umanista britannico Michael Goulder pensa che il brano «risale a ciò che Paolo ha ricevuto quando è stato convertito, un paio d’anni dopo la crocifissione» (M. Goulder, The Baseless Fabric of a Vision, Oneworld 1996, p.48). «Nel complesso, la mia recente panoramica delle fonti menzionate», conclude Habermas, «indica che coloro che forniscono una data generalmente optano per la ricezione di questo resoconto da parte di Paolo relativamente presto dopo la morte di Gesù, nella prima metà degli anni ’30».

 

La Prima Lettera ai Corinzi anticipa il contenuto dei Vangeli.

Paolo di Tarso fu così attento nell’assicurare il contenuto del suo messaggio, che fece un secondo viaggio a Gerusalemme (Gal 2, 1-10) specificamente per essere assolutamente sicuro di non essersi sbagliato (2,2). La prima volta incontrò, come già detto, Pietro e Giacomo (Gal 1, 18-20), la seconda volta anche l’apostolo Giovanni (2,9). Paolo stava chiaramente facendo una ricerca, cercando i principali testimoni oculari. Come ha notato Martin Hengel«evidentemente la tradizione di 1Cor 15, 3-7 è stata sottoposta a molte verifiche» da parte di Paolo (M. Hengel, The Atonement: The Origins of the Doctrine in the New Testament, Fortress 1981, p. 38).

Così, la Prima lettera ai Corinzi riporta una descrizione nell’imminenza dei fatti, risalente a due o tre anni dopo il loro avvenimento. L’agnostico B.D. Ehrman usa questo resoconto paolino come prova oculare dell’esistenza di Gesù, ma sorvola sul fatto che 1Cor 15,3-7  conferma anche che già due o tre anni dopo la morte di Gesù fossero di pubblico dominio la Sua resurrezione e le apparizioni post-mortem, anche a «cinquecento fratelli in una sola volta». Non c’era dunque il tempo per sviluppare leggende, bugie fantasiose o teologie in quanto tutti i testimoni oculari erano vivi, sia gli amici che i nemici del cristianesimo nascente. Poco importa che il primo Vangelo sia distante qualche decennio dai fatti raccontati, un resoconto risalente a pochissimi anni dopo Gesù già contiene il cuore dell’annuncio cristiano.


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