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TESTIMONIANZE DI PERSONE SPECIALI

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2023 19:58
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05/12/2017 22:07
 
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Una splendida vocazione che renderebbe orgogliosa Santa Monica

Per anni, Louise si è recata nel santuario di Sant’Antonio di Boston per pregare per il suo figlio più giovane, che si era allontanato dagli insegnamenti cattolici ricevuti durante l’infanzia. Qualche giorno fa, un usciere alla porta della chiesa ha porto alla signora di 91 anni un programma con su scritto “Messa di ordinazione al sacerdozio”. Il nome dell’ordinando era “Anthony T. Cipolle”, proprio suo figlio.

“Mia madre andava al santuario di Sant’Antonio di Boston ogni martedì insieme a mia zia e pregava per me, perché ero uno scavezzacollo”, ha affermato Anthony Cipolle, 52 anni, ha riferito Press Herald.

Prima di arrivare al sacerdozio, Anthony ha infatti seguito una strada insolita – molteplici percorsi professionali, paternità, matrimonio e annullamento. È stato lontano dalla Chiesa per decenni, e per altri dieci ha studiato per prepararsi a diventare presbitero.

È cresciuto ad Arlington, nel Massachusetts (Stati Uniti). Suo padre, David, viaggiava spesso per lavoro. Anthony e i suoi tre fratelli avevano il permesso di rimanere alzati fino a tardi per aspettarlo. Quando David tornava a casa, leggeva ai bambini storie bibliche finché non si addormentavano.

La madre Louise portava Anthony a Messa regolarmente, ma quando è cresciuto ha smesso di frequentare la chiesa. Malgrado i buoni voti non voleva andare all’università, perché pensava che avrebbe guadagnato di più buttandosi nel mondo degli affari, e quindi ha abbandonato gli studi alle superiori. Quando la sua ragazza è rimasta incinta, i due si sono sposati in municipio. Hanno avuto un figlio, Mark.

Anthony ha iniziato a vendere macchine, poi la famiglia si è trasferita a Chicago, dove lui ha avviato una ditta di lavori idraulici. Negli affari aveva successo, ma a casa la situazione era ben diversa. Quando ha divorziato e l’ex moglie è tornata in Massachusetts, Anthony ha deciso di trasferirsi per stare più vicino al figlio. In seguito il matrimonio è stato annullato perché non era stato contratto davanti a un sacerdote cattolico. Per tre anni Anthony ha vissuto di rendita con i soldi guadagnati in precedenza.

“Ho vissuto come una rock star”, ha confessato. “Ho speso tutto”.

In quel periodo non si era ancora riavvicinato alla fede, ma la madre ha iniziato ad andare a Messa quasi ogni giorno pregando perché Anthony cambiasse vita.

Quando i soldi hanno cominciato a scarseggiare, Anthony ha ricominciato a lavorare vendendo macchine ed è diventato amico di un uomo che era andato da lui per una riparazione. Ha poi saputo che era un sacerdote cattolico, John Kilmartin. Anthony ha iniziato a fargli visita regolarmente, guardando l’evangelizzatore televisivo Billy Graham con lui il sabato sera. Ha cominciato a portare il sacerdote alle visite mediche e a lavorare come manager delle infrastrutture nella sua chiesa.

“Non mi ha mai rimproverato”, ha detto Anthony, confessando che ha iniziato a capire che voleva la fede che vedeva in padre Kilmartin. “Volevo il perdono di Dio, ma non riuscivo neanche a ricordare tutti i miei peccati e pensavo di non meritarmelo”.

Anthony ha quindi recitato il Padre Nostro, che il padre gli aveva insegnato da piccolo. Quando ha detto “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, ha provato un grande senso di pace. “Nella mia vita è cambiato tutto quando quella pace è scesa su di me”.

Ha quindi iniziato a seguire le lezioni di religione per laici e a studiare il Catechismo della Chiesa Cattolica presso il St. John’s Seminary di Brighton (Massachusetts). Ha cominciato a leggere la Bibbia e a seguire lezioni serali presso il Boston College, con padre Kilmartin che lo ha aiutato a pagare la retta. Quando il suo mentore è morto, ha iniziato a pensare seriamente al sacerdozio.

James Woods, decano del Woods College of Advancing Studies del Boston College, ha aiutato Anthony a ottenere una borsa di studio. Anthony ha conseguito un baccellierato in Filosofia in meno di tre anni. Woods lo ha poi messo in contatto con la diocesi di Portland, che aveva bisogno di sacerdoti e lo ha mandato al Pope St. John XXIII National Seminary di Weston (Massachusetts), che prepara sacerdoti sopra i 30 anni. Visto che il suo percorso non era quello “classico”, Anthony dice di aver trascorso più tempo in seminario rispetto agli aspiranti sacerdoti più giovani.

Alla Messa della sua ordinazione hanno partecipato più di 800 persone, tra cui la madre Louise e il figlio Mark, che oggi ha 33 anni.

Dopo la celebrazione, il neosacerdote ha offerto le sue prime benedizioni ai fedeli, e Louise non poteva mancare. Quando suo figlio l’ha benedetta ha iniziato a piangere, portandosi al petto la testa di Anthony, che l’ha abbracciata forte.

Quanto a Mark, quando Anthony era diacono e si preparava al sacerdozio lo ha incoraggiato a considerare la sua ordinazione non come la perdita di un padre, ma come l’acquisto di una famiglia più ampia nella Chiesa cattolica.

“Ha detto che ora ho 1,2 miliardi di fratelli e sorelle”, ha confessato il ragazzo.


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14/12/2017 22:37
 
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Don Michele Madonna e la sua evangelizzazione
con canti, balli e grandi feste

 

A Napoli è un punto di riferimento per molti giovani.
Uno "stile" più che rivoluzionario. In linea con la Chiesa di Papa Francesco?

Alcuni anni fa, a Napoli, don Michele Madonna ha inventato la Scuola di Evangelizzazione Diocesana al rione Montesanto, e questo suo progetto ha avuto la benedizione del cardinale Crescenzio Sepe.

La Risposta Di Dio - Don Michele Madonna

Don Michele, originario, di Portici, ha un vero e proprio carisma: sa parlare ai giovani e Gesù è il perno del suo messaggio. Le sue messe traboccano di fedeli e da tutta la regione accorrono persone ad ascoltare le sue catechesi.

 

La grande festa di preghiera del Palapartenope

Di recente, per accontentare tutti, ha dovuto addirittura affittare il PalaPartenope di Napoli per un evento improntato alla fede denominato “Vi darò un cuore nuovo. Nell’occasione, migliaia di persone hanno cantato, hanno pregato, hanno ascoltato il loro padre spirituale. Spesso, i fedeli hanno occasione di adorare comunitariamente l’Eucarestia (Fan Page, 28 novembre)

Abiti firmati e fidanzata

Quella di padre Michele è una vocazione adulta: da giovane lavorava nelle feste come dj in un locale di Casoria alla perfieria di Napoli, era fidanzato, vestiva con abiti firmati. Tuttavia, non era soddisfatto, la vita gli sembrava vuota. Trovò pace solo nella preghiera e decise di abbandonare tutto ed entrare in seminario a 22 anni.

Un’evangelizzazione che fa discutere

Ora il suo stile sta sicuramente infiammando molti giovani dei quartieri napoletani. Magari molti dei quali che erano lontani dalla chiesa. La sua evangelizzazione basata su iniziative sui generis, che gli hanno fatto guadagnare le prime pagine dei giornali negli anni passati, fa sicuramente discutere.

Guardate un po’ cosa accade in questo video diventato ultimamente evirale sui social network.

Canti, balli, feste: il successo di don Michele è un dato di fatto, ma, allo stesso tempo dovremmo porci una domanda: il suo stile si avvicina realmente a quello di Papa Francesco? O è forse troppo “rivoluzionario” per la fase di transizione che attraversa oggi la Chiesa?

Gesti, animazione e parola di Dio

Di sicuro assistere, ad esempio, ad una “lezione” della sua scuola di evangelizzazione è un’esperienza molto singolare. Il canto, i movimenti, i gesti sono centrali. La lettura della parola di Dio è movimentata, con i ragazzi della parrocchia ad animarla. Poi l’intervento di Don Michele con il suo carisma. «La fede non può essere chiusa, non solo cantando e pregando, ma con i fatti. Se sono attaccato ai soldi non ho fede, se invece dono agli altri poi sarà Dio a provvedere a me», dice ad esempio in uno dei suoi interventi Don Michele.  «E’ con Gesù che capiamo cosa significa divertirsi, vivere bene, è con lui che riempiamo il vuoto che è in noi».


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14/12/2017 22:45
 
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Una splendida vocazione che renderebbe orgogliosa Santa Monica


Per anni, Louise si è recata nel santuario di Sant’Antonio di Boston per pregare per il suo figlio più giovane, che si era allontanato dagli insegnamenti cattolici ricevuti durante l’infanzia. Qualche giorno fa, un usciere alla porta della chiesa ha porto alla signora di 91 anni un programma con su scritto “Messa di ordinazione al sacerdozio”. Il nome dell’ordinando era “Anthony T. Cipolle”, proprio suo figlio.


“Mia madre andava al santuario di Sant’Antonio di Boston ogni martedì insieme a mia zia e pregava per me, perché ero uno scavezzacollo”, ha affermato Anthony Cipolle, 52 anni, ha riferito Press Herald.


Prima di arrivare al sacerdozio, Anthony ha infatti seguito una strada insolita – molteplici percorsi professionali, paternità, matrimonio e annullamento. È stato lontano dalla Chiesa per decenni, e per altri dieci ha studiato per prepararsi a diventare presbitero.


È cresciuto ad Arlington, nel Massachusetts (Stati Uniti). Suo padre, David, viaggiava spesso per lavoro. Anthony e i suoi tre fratelli avevano il permesso di rimanere alzati fino a tardi per aspettarlo. Quando David tornava a casa, leggeva ai bambini storie bibliche finché non si addormentavano.


La madre Louise portava Anthony a Messa regolarmente, ma quando è cresciuto ha smesso di frequentare la chiesa. Malgrado i buoni voti non voleva andare all’università, perché pensava che avrebbe guadagnato di più buttandosi nel mondo degli affari, e quindi ha abbandonato gli studi alle superiori. Quando la sua ragazza è rimasta incinta, i due si sono sposati in municipio. Hanno avuto un figlio, Mark.


Anthony ha iniziato a vendere macchine, poi la famiglia si è trasferita a Chicago, dove lui ha avviato una ditta di lavori idraulici. Negli affari aveva successo, ma a casa la situazione era ben diversa. Quando ha divorziato e l’ex moglie è tornata in Massachusetts, Anthony ha deciso di trasferirsi per stare più vicino al figlio. In seguito il matrimonio è stato annullato perché non era stato contratto davanti a un sacerdote cattolico. Per tre anni Anthony ha vissuto di rendita con i soldi guadagnati in precedenza.


“Ho vissuto come una rock star”, ha confessato. “Ho speso tutto”.


In quel periodo non si era ancora riavvicinato alla fede, ma la madre ha iniziato ad andare a Messa quasi ogni giorno pregando perché Anthony cambiasse vita.


Quando i soldi hanno cominciato a scarseggiare, Anthony ha ricominciato a lavorare vendendo macchine ed è diventato amico di un uomo che era andato da lui per una riparazione. Ha poi saputo che era un sacerdote cattolico, John Kilmartin. Anthony ha iniziato a fargli visita regolarmente, guardando l’evangelizzatore televisivo Billy Graham con lui il sabato sera. Ha cominciato a portare il sacerdote alle visite mediche e a lavorare come manager delle infrastrutture nella sua chiesa.

 
 

“Non mi ha mai rimproverato”, ha detto Anthony, confessando che ha iniziato a capire che voleva la fede che vedeva in padre Kilmartin. “Volevo il perdono di Dio, ma non riuscivo neanche a ricordare tutti i miei peccati e pensavo di non meritarmelo”.

Anthony ha quindi recitato il Padre Nostro, che il padre gli aveva insegnato da piccolo. Quando ha detto “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, ha provato un grande senso di pace. “Nella mia vita è cambiato tutto quando quella pace è scesa su di me”.

Ha quindi iniziato a seguire le lezioni di religione per laici e a studiare il Catechismo della Chiesa Cattolica presso il St. John’s Seminary di Brighton (Massachusetts). Ha cominciato a leggere la Bibbia e a seguire lezioni serali presso il Boston College, con padre Kilmartin che lo ha aiutato a pagare la retta. Quando il suo mentore è morto, ha iniziato a pensare seriamente al sacerdozio.

James Woods, decano del Woods College of Advancing Studies del Boston College, ha aiutato Anthony a ottenere una borsa di studio. Anthony ha conseguito un baccellierato in Filosofia in meno di tre anni. Woods lo ha poi messo in contatto con la diocesi di Portland, che aveva bisogno di sacerdoti e lo ha mandato al Pope St. John XXIII National Seminary di Weston (Massachusetts), che prepara sacerdoti sopra i 30 anni. Visto che il suo percorso non era quello “classico”, Anthony dice di aver trascorso più tempo in seminario rispetto agli aspiranti sacerdoti più giovani.

Alla Messa della sua ordinazione hanno partecipato più di 800 persone, tra cui la madre Louise e il figlio Mark, che oggi ha 33 anni.

Dopo la celebrazione, il neosacerdote ha offerto le sue prime benedizioni ai fedeli, e Louise non poteva mancare. Quando suo figlio l’ha benedetta ha iniziato a piangere, portandosi al petto la testa di Anthony, che l’ha abbracciata forte.

Quanto a Mark, quando Anthony era diacono e si preparava al sacerdozio lo ha incoraggiato a considerare la sua ordinazione non come la perdita di un padre, ma come l’acquisto di una famiglia più ampia nella Chiesa cattolica.

“Ha detto che ora ho 1,2 miliardi di fratelli e sorelle”, ha confessato il ragazzo.


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17/03/2018 17:27
 
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Me ne sono andata in Francia per scappare da Dio,
invece Lo stavo cercando

GIRL IN PARIS
 

Finalmente ero in un paese laico, libero, davvero civile, non come l'Italia, retrograda e bigotta, pensavo. Ma mi ero sbagliata. Che rivoluzione, la conversione!

di Elena Biondi

Sono arrivata in Francia a ventitré anni grazie a uno scambio fra la mia università e quella di Tolosa e fin dall’inizio del mio soggiorno avevo un solo desiderio: lasciarmi tutto alle spalle e non tornare più indietro. Vedevo l’Italia come una terra arretrata e bigotta, un luogo dominato dall’influenza nefasta della Chiesa che l’aveva tenuta ancorata al passato.

Per questo motivo, come capii con chiarezza solo anni dopo, fra le tante mete possibili avevo scelto proprio la Francia, paese in anticipo su molte mode e tendenze. Già allora (siamo negli anni 90) la vigorosa tradizione laica e anticlericale aveva segregato la religione all’ambito privato della vita delle persone, per farla il più delle volte sparire definitivamente dal panorama sociale ma anche dal cuore della gente, dato che una fede non più annunciata non è neanche pienamente vissuta. Proprio perché la Chiesa vi faceva sentire molto meno la sua presenza, rispetto all’Italia, questo paese per me rappresentava idealmente un luogo civile e avanzato, ovvero tutto il contrario di quello da cui provenivo. Adesso fatico a ricordare il mio stato d’animo di allora poiché, come ho scritto altrove, in seguito – per mia somma fortuna – il Signore mi ha fatto comprendere l’errore in cui ero caduta.

Tornando alla “me” di quegli anni, ricordo che coltivavo questo rancore, travestito da indifferenza, per rivolta verso la mia famiglia che mi aveva appunto dato un’educazione cattolica. I motivi sarebbero complicati da spiegare nei dettagli: una ribellione adolescenziale mal gestita e ravvivata da amici e insegnanti anticlericali e relativisti. Inutile sviscerare quei soliti cliché, che avevo assorbito come idee originali e verità assolute: Galileo, le crociate, Giordano Bruno, l’inquisizione

In una parola, secondo questi discorsi di cui mi ero abbondantemente nutrita, tutte le opinioni andavano bene indistintamente, tranne ovviamente quelle cattoliche. Queste idee mi avevano formata in profondità, orientando la mia visione del mondo proprio negli anni in cui stavo elaborando una mia identità. L’educazione cattolica che la mia famiglia mi aveva impartito aveva dunque finito di rappresentare ai miei occhi la fonte di tutti i mali, avendo represso – così credevo – il meglio di me. Emigrando in Francia cercavo di ritrovare quella libertà che secondo me una Chiesa oppressiva mi aveva fino ad allora sottratto. Fu così che presi il treno e, senza conoscere una parola di francese, sbarcai a Tolosa in un giorno di fine agosto.

Non voglio però fare di tutta l’erba un fascio: in quello slancio verso l’esterno – e l’estero -, in quel desiderio di uscire dalla gabbia c’era anche qualcosa di molto positivo. C’era una spinta letteralmente irreprimibile a conoscere cose sempre nuove e ad ampliare i miei orizzonti con esperienze reali, esperienze che nessun libro – lo sapevo bene – avrebbe potuto sostituire. Anni dopo, seguendo corsi di teologia, ho appreso che “cattolico” deriva dall’espressione greca katà òlos, che si può tradurre proprio con “universale”. Il cattolico è – deve essere – aperto alla realtà, una realtà vista come un tutto unico ma con mille sfaccettature, tutte da esplorare.

Finalmente ero in un paese laico, libero, davvero civile, non come l'Italia, retrograda e bigotta, pensavo. Ma mi ero sbagliata. Che rivoluzione, la conversione!

 La realtà è creata da Dio e di Lui ci parla se riusciamo a guardarla senza porre in mezzo le nostre proiezioni mentali. Ora io, intuendo confusamente di averne, cercavo di ripulire la mia visione del mondo, allargandola e confrontandola con altre. Così avrei potuto operare confronti e smascherare gli stereotipi, cioè le idee che non fossero confermate dalle mie personali esperienze sul campo.

Ecco, da allora molte cose in me sono cambiate, tanto che come ho detto stento a ricostruire il mio percorso, ma questo desiderio prepotente lo ritrovo dentro di me ancora oggi con la stessa intensità, quello che è cambiato è l’obiettivo. A differenza di prima non è più fine a se stesso, non alimenta più una sorta di “bulimia intellettuale” certo molto autogratificante. Con la conversione si è indirizzato verso l’alto e verso l’Altro, verso Colui che ne è la fonte, ma anche il fine ultimo. Più passa il tempo e più sono consapevole che la passione per la conoscenza rappresenta la parte migliore di me, quella aperta alla trascendenza e all’Assoluto. Cercare la Verità avvicina a Dio, la Verità ci farà liberi e di conseguenza, come ha detto qualcuno, la menzogna ci renderà schiavi. Non esistono vie di mezzo. Così, paradossalmente, imbarcandomi in quell’avventura credevo di fuggire da Dio ma in realtà Lo cercavo con tutta me stessa.


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18/03/2018 21:49
 
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Questa suora santa è morta il mese scorso,
e vale la pena di meditare sulla saggezza che ci ha lasciato e di memorizzarla

Non dimenticherò mai la prima volta in cui ho incontrato suor Caritas. La sua salute era in declino e si era appena trasferita a Boston per iniziare la fase finale della sua vita. Un giorno stavo camminando nell’atrio e ho visto una suora anziana a circa 15 metri da me. Mentre mi dirigevo verso di lei ha spalancato le braccia come per avvolgermi. Ho pensato: “Questa suora mi sta sicuramente confondendo con qualcun altro. Non la conosco”. Ma suor Caritas non era confusa. Era piena di gioia alla vista di una giovane consorella. Mi ha abbracciata, mi ha guardata negli occhi e ha iniziato a bersagliarmi di domande. Non dimenticherò mai il suo benvenuto. Posso dire in tutta onestà di non essere mai stata accolta con tanto amore da una persona estranea.

Per gentile concessione delle Figlie di San Paolo

Suor Maria Caritas, FSP, è morta il 1° febbraio. Non era famosa. Conduceva una vita nascosta, soprattutto negli ultimi anni a Boston. In precedenza era stata a Toronto e in quella zona aveva degli stretti familiari. Per lei è stato molto difficile quando le è stato chiesto di trasferirsi a Boston per via della sua salute, ma alla fine, anche se lo spostamento le è costato, si è arresa alla volontà di Dio.

Suor Caritas è sempre stata una persona dal carattere forte. Suor Anne Flanagan ha scritto di lei in un articolo recente: “È cresciuta in Sicilia, con un carattere forte e determinato come il suo cognome: Forte!”

Angelica Forte era nata in Italia, terza figlia di genitori affettuosi ai quali era stato consigliato di abortirla. Hanno invece recitato novena su novena e lei alla fine è nata sana. La sua famiglia la chiamava “la bambina del miracolo”.

Da giovane aveva molti pretendenti, e quando decise di entrare in convento la madre la portò da un sacerdote e gli chiese di convincerla invece a sposare un giovane che riteneva particolarmente adatto. La giovane Angelica, che aveva cercato di spiegare alla madre che il suo cuore apparteneva già a Gesù, alla fine si alzò e mise le mani sulla scrivania del sacerdote. “Padre!”, esclamò, “dica a mia madre che se le piace tanto quel ragazzo se lo può prendere!”

La santa suora è morta il mese scorso. Vale la pena di meditare sulla saggezza che ci ha lasciato e di memorizzarla. Nel corso della sua vita religiosa, suor Caritas ha mantenuto il suo splendido spirito audace. È stata missionaria in Canada e ha imparato l’inglese e il francese. Ha affrontato molte sofferenze, inclusa alla fine una lunga malattia debilitante, ma in ogni sofferenza si è arresa a Dio, confidando nel Suo amore.

Una volta ha scritto quale fosse il segreto della sua vita religiosa: “Non faccio niente per me stessa, e quindi vedo l’aspetto positivo in ciò che va fatto e non mi trattengo mai”.

Suor Caritas è stata un esempio per le sue consorelle, soprattutto nel modo in cui ha preso a cuore il suo nome religioso, Carità. Con la grazia di Dio, ha provato ad essere fonte di carità per chi la circondava.

Per gentile concessione delle Figlie di San Paolo
Il rosario e altri oggetti personali di suor Caritas

Scriveva sul suo diario piccole note che la incoraggiassero: “Caritas, non ti stancare; prega, prega, prega”. Il modo deciso in cui ha cercato di mettere in pratica il suo nome era uno splendido omaggio al Dio che amava così tanto e che è l’Amore stesso.

Dopo la morte di suor Caritas, le consorelle hanno trovato questo elenco nel suo diario. Coglie lo spirito del modo semplice e splendido in cui ha cercato di incarnare la carità nella sua vita e offre un progetto di vita e d’amore per tutti noi.

Per gentile concessione delle Figlie di San Paolo

10 Cose di cui uno non si pente mai:

1. Fai del bene a tutti
2. Non parlar male di nessuno
3. Prima di decidere rifletti
4. Non parlare quando sei agitato
5. Aiuta chi è sfortunato
6. Ammetti il tuo errore
7. Sii paziente con tutti
8. Ascolta ma non per raccontare
9. Non credere a cose spiacevoli sugli altri
10. Preparati a morire (questo sottolineato)


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14/04/2018 12:21
 
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14/04/2018 12:23
 
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14/04/2018 12:24
 
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17/04/2018 11:13
 
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Il conduttore televisivo FABRIZIO FRIZZI,  era un cattolico fervente.
Oltre ad essere un volto storico dell'Unitalsi, con la quale accompagnava i malati a Lourdes

FABRIZIO FRIZZI

«Ho sempre avuto la gioia di vivere e di godere la vita momento per momento, l’esperienza brutta che ho dovuto affrontare non ha fatto altro che confermare quello che già sapevo. La vita va goduta, perché non sai mai quello che succede domani».

Così su Tv Sorrisi e Canzoni (23 gennaio 2018) Fabrizio Frizziraccontava la sua malattia, dalla quale si era ripreso dopo una lunga degenza. Il 23 febbraio 2017, il popolare conduttore televisivo scomparso oggi, aveva subito una grave emorragia cerebrale. Stava lavorando per l’Eredità, la trasmissione di Raiuno, quando si sentì male e fu portato in ospedale, dove si certificò l’ictus.

Da allora ha iniziato a lottare «come un leone», per tornare quello di un tempo. Tra mille difficoltà aveva anche ripreso la conduzione, ma le sue condizioni non erano mai tornate stabili.

Stella e la Madonna

Frizzi era una persona molto credente. In un’intervista ad Oggi (2013) rivelava il suo rapporto con la fede, confidando di aver chiesto la protezione della Madonna per la figlia Stella, nata a maggio 2013 dalla moglie Carlotta Mantovan.

Il conduttore diceva di considerare la figlia, avuta a 53 anni, come un dono di Maria.  «Ringrazio Dio e la Madonna tutti i giorni. Durante la gravidanza ci sono stati problemi seri, e ci siamo affidati a Maria. Abbiamo chiesto protezione per la mamma e la bambina. E ora che tutto è andato bene, il senso di gratitudine è forte», confidava il conduttore.

“Faccio anche da mamma”

E, a proposito dell’esperienza della paternità, Frizzi rivelava: «Sono un papà, ma se serve sono in grado anche di fare da mamma. Di pappe e pannolini se ne occupa soprattutto Carlotta. Lo fa molto volentieri, ma ogni tanto mi delega e io lo faccio con grande piacere».

I viaggi a Lourdes

Da 15 anni, Frizzi era il volto ufficiale della Giornata nazionale dell’Unitalsi. E in prima persona ha accompagnato i malati a Lourdes così come ha condotto molte manifestazioni nella Basilica sotterranea di San Pio X davanti a 15.000 persone, malati e volontari. Di loro, ricordava in una testimonianza rilasciata a Tv2000 «colpiva il sorriso e la gioia di stare insieme in qauel momento speciale» (Famiglia Cristiana, 26 marzo).

Quando donò il midollo osseo

Ma non solo. Il conduttore, nel 2000, ha compiuto un grande ed indimenticabile gesto di solidarietà verso il prossimo. Per Valeria Favorito, nata nell’ ’88, la vita è ricominciata proprio grazie a Frizzi, dopo la diagnosi di leucemia mieloide acuta. Dopo anni di ricerca di un donatore compatibile, finalmente da Roma qualcuno disse: «Sono pronto». Era proprio lui al telefono: Fabrizio Frizzi!

«La generosità è una parola con cui tanti si riempiono la bocca, tu invece in silenzio, con semplicità e riservatezza, lo hai fatto davvero. Ora il mio sangue è il tuo sangue», disse la donna dopo la felicità riconquistata, aggiungendo con commozione: «Ogni giorno ringrazio Dio per avermi fatto rivivere la vita grazie a te».

La fede ritrovata con suor Gemma

Invece, in un’intervista a Pontifex (2010) il conduttore confessava di aver ritrovato la fede, dopo un periodo di incertezza, grazie alla Santa della Bellezza, Gemma Galgani, ammirando una sua immaginetta. «Io sono sempre stato cattolico, ma ad un certo punto della mia vita mi ha assillato il tarlo del dubbio, della sfiducia. Un caro parente stava morendo per una grave malattia ed io non accettavo questa idea, il mio animo era turbato».

ŚWIĘTA GEMMA GALGANI
EAST NEWS

Un giorno a Lucca, rammentava Frizzi, «il mio sguardo cadde sulla immaginetta di san Gemma Galgani e quel volto bello, pacifico e armonioso, il suo sguardo puro mi hanno rasserenato e in un certo senso convertito. Devo a San Gemma Galgani l’aver ritrovato la fede, quella vera».

 





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14/06/2018 19:14
 
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Il veterano di guerra si converte a 95 anni:
«E’ da una vita che Ti cercavo»

L’australiano Stanley Everett compirà 96 anni a luglio e da pochi giorni ha ricevuto i sacramenti cattolici del Battesimo, dell’Eucarestia e della Cresima.

I tanti anni alle spalle non gli hanno tolto la lucidità: «Mi sembra che ho ancora tanto da imparare. Tanto per cominciare, inizio a fare il segno della croce quando gli altri hanno già finito», ironizzando sull’ormai lentezza dei movimenti.

Il 17 maggio scorso ha ricevuto la Prima Comunione nella cappella Villa Maria Centre, a Fortitude Valley (Australia). «Un completo cambiamento della mia vita. Per tutta la vita l’ho cercato», ha detto riferendosi a Colui che, unico, salva l’esistenza umana dall’effimero nulla a cui è altrimenti destinata.

Ufficiale per la Gran Bretagna e l’Australia durante la Seconda guerra, Stanley Everett fu inviato in Nord Africa dove venne addestrato per disinnescare e detonare mine antiuomo. Oggi è un veterano di guerra, si è convertito e frequenta la diocesi di Brisbane.

Dopo 95 anni di ricerca di quel Volto, ora dice di essere giunto a casa. «E’ il Signore che mi ha portato qui. Nella vita puoi sempre guardarti indietro, se hai retrospettiva, guardi indietro e dici: “Questo l’ha voluto il Signore”». E ancora: «Se cerchiamo le cose che abbiamo voluto fare noi, troveremo spesso una pagina vuota. Ma se cerchiamo ciò che Lui ha fatto nella nostra vita, non ci sarà spazio in quella pagina. Perché sarà piena».

In una società che idolatra (e, forse, sopravvaluta) la gioventù, Papa Francesco ci ricorda invece l’importanza degli anziani e dei nonni, che sono «le radici e la memoria di un popolo». La testimonianza di Stanley è un bell’esempio di ciò.


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19/06/2018 23:44
 
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Błaszczykowski, il capitano della Polonia ci mette la faccia:
«io non mi vergogno di Gesù»

Il Mondiale di calcio è iniziato, lasciando a casa la nostra Nazionale. Oggi la selezione polacca sfida il Senegal e a guidare la Polonia è il difensore Jakub Błaszczykowski. Nome impronunciabile, poco conosciuto da noi (nonostante una parentesi nella Fiorentina), ma famoso in Germania e considerato eroe nazionale in patria.

Il suo personaggio va oltre all’ambito sportivo. Originario di Częstochowa, il più importante luogo mariano per i polacchi, all’età di 11 anni ha assistito all’uccisione della madre da parte del padre, e lei gli morì tra le braccia. Assieme al fratello Dawid è cresciuto con la nonna, Felicja Brzeczeck, una devota cattolica che trasmise a loro la fede, accompagnandoli a Messa ed instillando in loro l’abitudine della preghiera e della lettura del Vangelo, cosa che il calciatore rivela di fare ancora oggi.

E’ grazie alla fede che è emerso dal dolore per quanto accadutogli. La vicenda è divenuta nota nel 2012 quando, poco prima dell’inizio del campionato europeo, Jakub si assentò per ragioni personali. Scoprì infatti che il padre -che non vedeva dal giorno dell’omicidio- stava per morire e volle incontrarlo, per perdonarlo. «Quello che mi è successo da bambino ha dato una svolta di 180 gradi alla mia vita», ha confessato. «Non capirò mai cosa è successo o perché è successo, ma quel ricordo mi accompagnerà per il resto dei miei giorni. Darei tutto per vedere mia madre viva».

Błaszczykowski è oggi molto coinvolto nelle opere caritatevoli della Chiesa cattolica ed è un testimonial della Caritas polacca. Organizza feste tra sacerdoti ed atleti d’élite per raccogliere fondi da destinare ai bisognosi ed ogni anno dona magliette sportive ed altri oggetti firmati alle organizzazioni cattoliche, che a loro volta li mettono all’asta. Il capitano polacco ha anche partecipato ad iniziative di evangelizzazione come il National Reading Day. E’ sposato e padre di una figlia.

Nel 2011 ha partecipato alla campagna “Non mi vergogno di Gesù”, organizzata dal mondo cattolico polacco in risposta all’azione di alcuni studenti che hanno chiesto di togliere i crocifissi dalle scuole superiori. In un video ha affermato: «Capisco che la fede è una questione individuale per qualcuno, ma per me è una cosa molto importante. Con grande fede vissuta quotidianamente e con la grande convinzione che Cristo aiuta la nostra vita di tutti i giorni, vorrei incoraggiare le persone a non dimenticare ciò che è più importante per noi, cioè la fede e la preghiera».

All’iniziativa ha partecipato anche il suo collega e amico polacco, Robert Lewandowski (che si dice in dirittura d’arrivo alla Juventus). Abbiamo già parlato di lui in un precedente articolo: «No, non mi vergogno di Gesù o della mia fede», ha dichiarato l’attuale attaccante del Bayer Monaco. «So che Dio è con me. Quando si parla di fede, sappiamo che nella vita moderna e nel mondo tutto sta andando molto velocemente, spesso dimentichiamo i nostri valori e ciò che è veramente più importante per noi. Per quanto mi riguarda, questa fede mi aiuta sul campo, ma anche al di fuori di esso, aiutandomi ad essere un brav’uomo e fare meno errori possibili».


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01/07/2018 21:58
 
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Błaszczykowski, il capitano della Polonia ci mette la faccia:
«io non mi vergogno di Gesù»

Il Mondiale di calcio è iniziato, lasciando a casa la nostra Nazionale. Oggi la selezione polacca sfida il Senegal e a guidare la Polonia è il difensore Jakub Błaszczykowski. Nome impronunciabile, poco conosciuto da noi (nonostante una parentesi nella Fiorentina), ma famoso in Germania e considerato eroe nazionale in patria.

Il suo personaggio va oltre all’ambito sportivo. Originario di Częstochowa, il più importante luogo mariano per i polacchi, all’età di 11 anni ha assistito all’uccisione della madre da parte del padre, e lei gli morì tra le braccia. Assieme al fratello Dawid è cresciuto con la nonna, Felicja Brzeczeck, una devota cattolica che trasmise a loro la fede, accompagnandoli a Messa ed instillando in loro l’abitudine della preghiera e della lettura del Vangelo, cosa che il calciatore rivela di fare ancora oggi.

E’ grazie alla fede che è emerso dal dolore per quanto accadutogli. La vicenda è divenuta nota nel 2012 quando, poco prima dell’inizio delcampionato europeo, Jakub si assentò per ragioni personali. Scoprì infatti che il padre -che non vedeva dal giorno dell’omicidio- stava per morire e volle incontrarlo, per perdonarlo. «Quello che mi è successo da bambino ha dato una svolta di 180 gradi alla mia vita»ha confessato«Non capirò mai cosa è successo o perché è successo, ma quel ricordo mi accompagnerà per il resto dei miei giorni. Darei tutto per vedere mia madre viva».

Błaszczykowski è oggi molto coinvolto nelle opere caritatevoli della Chiesa cattolica ed è un testimonial della Caritas polacca. Organizza feste tra sacerdoti ed atleti d’élite per raccogliere fondi da destinare ai bisognosi ed ogni anno dona magliette sportive ed altri oggetti firmati alle organizzazioni cattoliche, che a loro volta li mettono all’asta. Il capitano polacco ha anche partecipato ad iniziative di evangelizzazione come il National Reading Day. E’ sposato e padre di una figlia.

Nel 2011 ha partecipato alla campagna “Non mi vergogno di Gesù”, organizzata dal mondo cattolico polacco in risposta all’azione di alcuni studenti che hanno chiesto di togliere i crocifissi dalle scuole superiori. In un video ha affermato«Capisco che la fede è una questione individuale per qualcuno, ma per me è una cosa molto importante. Con grande fede vissuta quotidianamente e con la grande convinzione che Cristo aiuta la nostra vita di tutti i giorni, vorrei incoraggiare le persone a non dimenticare ciò che è più importante per noi, cioè la fede e la preghiera».

All’iniziativa ha partecipato anche il suo collega e amico polacco, Robert Lewandowski (che si dice in dirittura d’arrivo alla Juventus). Abbiamo già parlato di lui in un precedente articolo«No, non mi vergogno di Gesù o della mia fede», ha dichiarato l’attuale attaccante del Bayer Monaco. «So che Dio è con me. Quando si parla di fede, sappiamo che nella vita moderna e nel mondo tutto sta andando molto velocemente, spessodimentichiamo i nostri valori e ciò che è veramente più importante per noi. Per quanto mi riguarda, questa fede mi aiuta sul campo, ma anche al di fuori di esso, aiutandomi ad essere un brav’uomo e fare meno errori possibili».

 

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11/07/2018 10:27
 
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Le domande sulla vita non badano ai titoli nobiliari



CHARLOTTE CASIRAGHI




Ha inaugurato per il Principato di Monaco i Rencontres Philosopihques e tra le sue ambizioni c’è quella di avvicinare i bambini alla filosofia anche se, non è la prima a riconoscerlo, i bambini possiedono una innata profondità di domande ed un rigore che spesso non rintracciamo più negli adulti. Sono cioè naturaliterfilosofici. La sequenza dei perché con i quali spesso inchiodano mamma e papà perché rivelino loro il senso delle cose è la dimostrazione più ricorrente e lampante di questa loro urgenza.


La bellissima Charlotte, figlia secondogenita della principessa Caroline e di Stefano Casiraghi, ha forse la stessa sana inquietudine, non più infantile ma esistenziale, alla quale crede di aver trovato casa proprio negli studi filosofici. Ai pochissimi e sceltissimi giornalisti presenti alla serata conclusiva e all’incontro la mattina seguente per la presentazione dell’iniziativa di cui è volitiva promotrice la Mademoiselle risponde alla domanda sulla genesi di questa sua passione in questo modo:



Gli incontri sono stati importanti. Anche le letture. Ma non posso dirle: “Ho letto un saggio ed è successo questo”; solo che ho una natura inquieta, e che mi sono sempre posta domande sulla vita, la morte, il tempo…


(…) Ho sempre letto molti libri e poesie: danno emozioni profonde, e acuiscono la sensibilità. La filosofia è stata determinante nel riuscire ad accogliere questa intensità senza perdermi. (Io Donna)



Non manca la riflessione sulla strutturale e forse solo apparenteimmediatezza garantita dall’Olimpo del web dove, come Zeus, Google sa e governa molte cose e al quale sembra che possiamo ma ormai dobbiamo chiedere tutto. Invece, osserva Charlotte la filosofia esige tensione, tempo, forse anche attesa. 


Diciamolo subito così non ci distrae più: la giovane, bellissima, ricchissima mademoiselle può decidere di abbracciare una causa simile perché è appunto ricca, bella, influente e preservata dalle molte angustie che invece attanagliano le vite di gran parte dei mortali. Ma mortale è lei pure e questo non dà pace ai ricchi come non ne dà ai poveri. E sia i poveri sia i ricchi sono dotati di ragione e di passioni.



Non si può dire: «Le domande su amore, desiderio, corpo, accoglienza non mi interessano»: sono il cuore della vita (Ibidem)



La sua “passione” più specifica si concentra proprio sulle passioni e sulle emozioni. E’ proprio su questo tema che ha scritto e pubblicato il suo primo libro, Archipel des passions nato dalla collaborazione con il suo professore di liceo, Robert Maggiori. Nelle loro conversazioni messe su carta invitano ad approcciare le passioni e le emozioni in modo maggiormente umano, ovvero a governarle e a non subirle. Non male come proposito.






Una notazione preziosa e universale, sebbene ferocemente minacciata dall’attuale ondata ideologica gender, che emerge dall’intervista riportata su Io Donna è quella sulla nascita:

D-Nella sua lettura, la nascita è considerata il primo gesto di ospitalità. Dato che è mamma, questi temi la toccano in modo speciale?
R-È un grande errore pensare che solo una madre sia in grado di comprendere la relazione tra nascita e accoglienza: al contrario siamo tutti coinvolti da questa prima “ospitalità” che abbiamo avuto e ci ha protetto. (Ibidem)

Tutti siamo nati da una madre, anche i padri. Anche le donne che hanno figli, anche i figli che non diventano padri. Charlotte di figli ne ha già uno di 4 anni ed è in attesa del secondo, da un altro uomo. E se vive con questa irrequietezza (non solo quella che le ha fatto cambiare compagni ma proprio l’inquietudine esistenziale che denuncia lei stessa) di sicuro si sarà lasciata interrogare dalla sua stessa esperienza di maternità.

Questa giovane donna, brillante studentessa, giornalista e scrittrice, modella, icona di stile e tutto il resto avrà forse capito, non solo dai libri ma anche per i dolori che non sono mancati nella sua vita (ha perso il papà a soli 5 anni), pur essendo ricca e piena di privilegi che “anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni! (Luca 12, 15)?

 


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11/07/2018 10:32
 
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Nel mondo ci sono 5.000 vergini consacrate.
Che pregano per tutti 

CONSECRATED VIRGINITY
 
 

Un documento vaticano approfondisce le caratteristiche e la disciplina di questa vocazione speciale fuori dai monasteri

Il Vaticano ha pubblicato questo 4 luglio l’Istruzione Ecclesiae Sponsae Imago sull’Ordo Virginum, che disciplina la vocazione di circa 5.000 “vergini consacrate” (secondo dati del 2016).

Il documento è quindi rivolto alle donne che scelgono di essere vergini e restano nel loro contesto ordinario di vita per evangelizzare e servire. Queste consacrate vivono da sole o in comunità, e alcune si dedicano a insegnare o al servizio in ospedali o missioni, senza essere suore. Vivono in ogni continente, in varie diocesi.

Le “vergini consacrate” offrono la propria testimonianza di vita nell’ambito della società e della Chiesa, ha ricordato il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, il cardinale João Braz de Aviz.

Si tratta del “primo documento della Sede Apostolica che approfondisce la fisionomia e la disciplina di questa forma di vita”, e il testo viene alla luce a seguito del Rito liturgico e delle norme approvate da Papa Paolo VI.

Il nuovo rito di consacrazione con cui una vergine si consacrava a Dio come “immagine della Chiesa sposa di Cristo” è stato approvato quasi 50 anni fa (21 maggio 1970) su mandato di Papa Montini, ma era una tradizione radicata nel cristianesimo dei primi secoli.

Dopo il Concilio Vaticano II e dopo secoli, si è concessa alle donne vergini questa forma di consacrazione, prima riservata solo alle suore.

 

L’Ecclesiae Sponsae Imago vuole aiutare a scoprire la bellezza di questa vocazione e a mostrare come il Signore “trasfigura la vita di tante donne” ogni giorno, ha affermato il porporato.

Il documento è una guida rivolta ai vescovi e alle vergini consacrate, così come alle donne in formazione. Il testo è rivolto alle donne interessate a questa “peculiare vocazione”, ha spiegato il segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, monsignor José Rodríguez Carballo, O,F.M.

Immagini della cerimonia di una vergine consacrata:

“Alcuni passi del Nuovo Testamento testimoniano che già nelle comunità apostoliche erano presenti donne che, accogliendo il carisma della verginità, lo abbracciavano come stabile condizione di vita per occuparsi con cuore indiviso delle cose del Signore”, ha ricordato.

“Insieme con le altre forme di vita ascetica, la scelta della verginità fiorì spontaneamente in tutte le regioni nelle quali il cristianesimo si diffondeva, assumendo le caratteristiche di uno stato di vita pubblicamente riconosciuto nella Chiesa come Ordo virginum, con espressione analoga a quelle usate per indicare gli altri Ordines (Ordo episcoporum, Ordo presbyterorum, Ordo diaconorum, Ordo viduarum)”.

Significato

Monsignor José Rodríguez Carballo ha spiegato il significato che aveva questa vocazione nelle prime comunità cristiane e il grado di ammirazione che ha raggiunto tra i credenti cristiani, sottolineando che è stata anche motivo di persecuzione e martirio.

Le vergini consacrate ricevevano il titolo di sposa di Cristo. In loro, infatti, si riflette l’immagine della Chiesa, vergine perché conserva intatta la fede, sposa perché indissolubilmente unita a Cristo suo Sposo, madre perché il Crocifisso Risorto genera in lei la vita nuova secondo lo Spirito.

Martirio

Durante la persecuzione dei cristiani, molte vergini cristiane affrontarono il martirio. In seguito questa decisione virginale rimase circondata da grande considerazione e stima. Dal IV secolo, questo stato di vita si consolidava col rito solenne della consacrazione delle vergini, presieduto dal vescovo diocesano.

Vita familiare e sociale

 

Le vergini consacrate si sono mantenute all’interno del loro contesto familiare e sociale, partecipano attivamente alla vita della comunità cristiana e mantengono un legame con il vescovo, che esprime il carattere escatologico della Chiesa, la Sposa purificata e santa per amore dello Sposo, che vigila sul suo ritorno glorioso e anticipa l’incontro con Lui.

Nel Medioevo, le vergini consacrate si sono riunite a poco a poco nei monasteri per via della nascita del monachesimo e per complesse ragioni storiche e culturali.

È stato così che nel diritto canonico lo stato di vita consacrata femminile è arrivato a identificarsi con la vita contemplativa di clausura.

Monasteri

Il rituale della consecratio virginum, utilizzato solo in alcuni monasteri, si è arricchito nella sua forma di celebrazione, ma confinato alla comunità monastica ha influito sul vincolo con la comunità cristiana, caratteristica della comunità delle origini, che aveva un riferimento diretto all’autorità episcopale. Questa situazione è durata fino al Concilio Vaticano II, solo con alcune eccezioni.

Concilio Vaticano II

Dopo il Concilio sono state gettate le basi per la revisione del rito, e la Congregazione vaticana per il Culto Divino ha promulgato il nuovo Ordo, in cui era prevista la possibilità di consacrare donne che restano nel loro contesto di vita.

“Ripresa dopo molti secoli e in un contesto storico, sociale ed ecclesiale radicalmente mutato, questa consacrazione ha rivelato una sorprendente forza di attrazione”.

Il Concilio Vaticano II ha risposto al desiderio di molte donne che volevano dedicarsi totalmente al Signore e ai fratelli, “ma anche alla contestuale riscoperta dell’identità propria della Chiesa particolare nella comunione dell’unico Corpo di Cristo”.

Nel documento si spiega che “la verginità cristiana si pone così nel mondo come segno manifesto del Regno futuro perché la sua presenza rivela la relatività dei beni materiali e la transitorietà del mondo stesso”.

In questa nuova Istruzione, la Chiesa indica che “le donne che ricevono questa consacrazione sono chiamate a vivere la docilità allo Spirito santo, a sperimentare il dinamismo trasformante della Parola di Dio che fa di tante donne diverse una comunione di sorelle e ad annunciare con la parola e con la vita il Vangelo di salvezza”.

“A Maria, icona perfetta della Chiesa, esse rivolgono lo sguardo, come alla stella che orienta il loro cammino. Alla sua materna protezione la Chiesa le affida”.

Il Vaticano spera di riunire nel 2020 a Roma tutte le vergini consacrate del mondo in un incontro internazionale per commemorare il 50° anniversario del rito accanto al Successore di Pietro.



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13/08/2018 22:17
 
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Ateo non battezzato, si è convertito vedendo la Messa in televisione
e oggi è sacerdote

Père Yvon Fillebeen

Padre Yvon Fillebeen è un giovane sacerdote delle Missioni Estere di Parigi (MEP). Ordinato il 24 giugno 2017, attualmente serve nella parrocchia di Saint-Luc a Parigi, nel XIX distretto.

Trovare Dio attraverso la televisione

Originario di Pas-de-Calais, Yvon è nato in una famiglia non credente che “ha abbandonato la fede”, e quindi non ha ricevuto alcuna educazione religiosa. È stato al liceo che ha iniziato a porsi domande sul senso della vita: “C’è qualcosa che valga la pena di vivere?”, si chiedeva. Con questo spirito ha deciso di iniziare gli studi di Filosofia per guidare la sua ricerca.

Assisteva anche a lezioni di cinese per conoscere una nuova cultura, una bella scoperta che però non ha placato la sua sete di senso di vita.

Poco tempo dopo, quando era stato destinato a un centro per studenti problematici a Clichy-sous-Bois come professore-documentarista, ha scoperto il messaggio di Cristo.

Una mattina ha deciso di accendere la televisione e ha visto la Messa trasmessa durante il programma Jour du Seigneur. Padre Fillebeen racconta che c’è stato un passo che gli ha toccato il cuore: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Mt 20,28).

 

La nascita di una vocazione

Intensamente interpellato da questa nozione di gratuità, da un Dio al servizio delle persone, ha deciso di continuare le domeniche successive a vedere la Messa in TV, cadendo in preda a una grande inquietudine e non sapendo con chi parlarne.

La Provvidenza lo ha portato a recarsi ad assistere fisicamente alla sua prima Messa, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, una domenica pomeriggio. Affascinato da quello che aveva appena sperimentato, ha sentito una certezza dentro di sé: “O il senso della vita, della verità, è qui, o non è in alcun luogo”.

Dopo aver varcato di nuovo la soglia di una chiesa, un sacerdote lo ha accompagnato nel cammino del catecumenato: “Volevo aspettare che fosse tutto chiaro, ma ho sentito che dovevo compiere il primo passo, lanciarmi”. Nella Pasqua 2008 Yvon Fillebeen è stato battezzato.

“Gesù ha riempito la mia vita, e quindi ho voluto dedicargli tutta la mia esistenza. Adoravo la Messa, vi assistevo regolarmente e ho compreso molte cose. Così è nata la mia vocazione”, ha raccontato Fillebeen.

Un’esperienza con i fratelli di Thibirine in Cina gli ha aperto gli occhi sulla sua vocazione di sacerdote delle MEP. Dopo un anno di discernimento in una comunità dell’Arca è entrato in seminario.

fonte :  https://it.aleteia.org/2018/08/08/ateo-non-battezzato-convertito-vedendo-messa-in-televisione-e-oggi-e-sacerdote/?utm_campaign=NL_it&utm_source=weekly_newsletter&utm_medium=mail&utm_content=NL_it


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19/08/2018 22:17
 
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Aldo Brandirali: da Marx a Cristo…passando per don Giussani



E’ alle porte il Meeting per l’amicizia tra i popoli, organizzato da Comunione e Liberazione. Comunque la si pensi, chiunque dovrebbe interessarsi agli scritti di don Luigi Giussani. Il suo ragionevole modo di spiegare la fede non lascia indifferenti ed è, il suo, un metodo di evangelizzazione che non risulterà mai anacronistico. E’ così che ha convertito migliaia di persone, tra cui musulmani, ortodossi, teologi protestanti, agnostici, scienziati, filosofi. Ma anche diversi marxisti: un esempio è Aldo Brandirali.


Classe 1941, Brandirali fu uno dei punti di riferimento dei Sessantottini milanesi, tra i responsabili del PCI nel 1945, leader della maoista Unione dei Comunisti Italiani(marxisti-leninisti), fondatore del settimanale Servire il popolo e della rivista FalceMartello. Almeno fino al 1975 quando, dopo l’incontro con don Giussani, sciolto il suo partito di 15mila aderenti, inizia un cammino di conversione personale.


«Sono stato un interprete influente» del Sessantotto, ha scritto recentemente Brandirali. «Se oggi avessi ancora le opinioni che avevo allora, ora potrei solo raccontare illusioni e fallimenti, e questo non sarebbe interessante. In cinquant’anni ho camminato cambiando, riconoscendo i fallimenti e cercando di spiegare a me stesso le mie ragioni». Fu un’epoca impregnata di «ideologie che brandivano il primato della teoria sulla realtà», tuttavia Brandirali salva il moto originario di quei giovani, di cui era uno dei leader, animati da «bisogni più umani rispetto all’arricchimento e ai miti del benessere e del consumismo. Domande sul significato della propria vita sorgevano come accade sempre in tutte le generazioni. Domande di senso che non avevano risposta nella moralità dominante, con uno Stato concepito come luogo dell’etica consolidata e una Chiesa diventata concorrente, con la sua etica religiosa critica verso l’etica laicista». Lo Stato etico ed una Chiesa moralista. Per questo, «andare controtendenza, rompere con usi e costumi dell’epoca, sperimentare forme di vita diversa: questa diventa la soggettività giovanile di quegli anni».


Capelli lunghi, vestiti strappati, droga e sesso libera, conflitti familiari, contestazione culturale degli insegnanti, anticlericalismo, rimessa in discussione dell’autorità in generale. Questo anche perché «i figli non avevano risposte adeguate da parte degli adulti alle proprie domande di senso. Mancava l’incontro con una corrispondenza al proprio desiderio di significato», scrive l’ex comunista italiano. Ma Bradirali uscì anche dal Pci in quanto «gli ideali comunisti rimanevano esterni alla vita reale, perché scopo della lotta politica era solo quello di partecipare alla classe dirigente del Paese», dando così vita al Gruppo Falcemartello. E, tuttavia, di nuovo il fallimento a causa del «decadimento delle domande iniziali, e con l’insorgere di un astratto problema di concretezza politica, che divenne apertura alle idee di azioni violente per imporre le nostre idee. Io mi rifiutai di entrare in questa logica e provocai lo scioglimento del movimento. Si capiva che non avevamo trovato risposte al nostro desiderio. Uno scioglimento che riguardava 15mila aderenti e che scatenò mille rancori nei miei confronti».


Nell’ottobre del 1982, come dicevamo, avviene l’incontro con don Giussani, fondatore del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, il quale sta tentando di recuperare tra i giovani la credibilità del cristianesimo come risposta alle attese di significato insite nel cuore dell’uomo. Afferma la necessità di ripartire dall’incontro concreto con Cristo, incontrabile nei volti della comunità cattolica, per cambiare davvero la vita e, di conseguenza, il mondo intero. «Mi colpì molto il suo riconoscimento di quello che ero, non di quello che dicevo», scrive Brandirali. «Questa nuova attrattiva crebbe dentro di me, e nel maggio del 1985 in un incontro pubblico con don Giussani dissi: “ma tu dov’eri, io ti ho sempre cercato”; volevo dire che avevo trovato in lui finalmente un punto di riferimento per capire le mie domande. Giussani stesso rispose che anche lui mi aveva cercato, ovvero che sapeva di quel fermento giovanile, delle domande che lo caratterizzavano, e voleva raggiungerci oltre le ideologie».


Aldo Brandirali si convertì così al cattolicesimo, abbandonando completamente l’ideologia marxista-maoista. Oggi ne salva l’ideale ma condanna i suoi sviluppi: «Avendo studiato in gioventù Marx e avendo poi verificata la teoria che ha preso il nome di marxismo», ha riflettuto, «dopo un lungo percorso che mi ha portato a un cambiamento profondo delle mie idee, sono diventato cattolico e ho compreso che non può esistere una scienza della vita dei popoli e delle persone». Questo perché «il desiderio di giustizia e di eguaglianza fra gli uomini costituisce un nobile ideale, e l’andare contro la mentalità mondana dell’arricchimento come scopo del vivere è un passo vero verso la libertà, ma tutte queste ragioni umane hanno bisogno del vero soggetto della storia, che non è l’auto-emancipazione degli uomini, ma è l’unità degli uomini, che ha la sua radice in Cristo e nella capacità di seguire per fede la verità. Cristo è il soggetto della storia, una presenza che rivoluziona continuamente la vita degli uomini riconoscendoli e sostenendoli nel desiderio».


Don Luigi Giussani è stato recentemente ricordato dall’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, il quale ha ricordato il suo «modo così personale, diretto e affettivo, innamorato di Dio e per questo penetrante, sensibile, fermo e duttile, attento all’uomo, che faceva sentire l’ansia del cielo e apriva le domande più vere del cuore, della persona. Giussani vide come i ragazzi in realtà erano affamati di parole vere, desiderosi di acqua per spegnere la sete del cuore, che andavano nudi perché con tante parole spogliate di contenuto vero, prigionieri di luoghi comuni». E, uno di questi ragazzi, fu proprio l’ex marxista Brandirali.

fonte: https://www.uccronline.it/2018/08/18/aldo-brandirali-da-marx-a-cristo-passando-per-don-giussani/


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07/02/2019 12:30
 
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Lo scienziato agnostico
che si è convertito a Medjugorje

medjugorjeLe conversioni a Medjugorje. Tra gli innumerevoli convertiti anche João Carlos Da Silva, ricercatore e ingegnere portoghese che ha raccontato la sua esperienza nel paesino della Bosnia Erzegovina.

 

Arrivò incredulo ma, al suo ritorno in Portogallo, era già certo di quel che aveva sperimentato. Il suo nome è João Carlos Da Silva, ricercatore portoghese ed ingegnere di Biosistemi, docente presso l’Università Tecnica di Lisbona. Un uomo completamente secolarizzato, privo di credo religioso ma con la “casualità” di avere una moglie interessata ai fenomeni di Medjugorje, la cittadina della Bosnia Erzegovina dove dal 1981 alcune persone dicono di ricevere apparizioni quotidiane dalla Vergine.

 

La scienza e Medjugorje: apparizioni e sole pulsante.

Il caso delle apparizioni di Medjugorje è stato analizzato anche da alcuni medici e scienziati, che hanno escluso la “frode e l’inganno cosciente”. Lo ha confermato Giorgio Gagliardi, psicofisiologo e psicoterapeuta alla Scuola Europea di Ipnosi e Psicoterapia Ipnotica di Milano e membro del Centro Studi Parapsicologici di Bologna. I fenomeni che lì avvengono rimangono un mistero e hanno generato enorme scetticismo, sia all’interno che all’esterno del mondo cattolico.

Uno studio del 2016 ha rilevato che i pellegrini che si recano a Medjugorje non sono affatto sprovveduti creduloni, lontani da tentazioni millenariste, sincretismo religioso o miracolismo magico. Vi sono comunque numerose testimonianze su fatti apparentemente inspiegabili come improvvise pulsazioni del sole, percepite da tutti ad occhio nudo. Ne sono state testimoni la giornalista Rai, Elisabetta Castana, e la psicoterapeuta Fausta Marsicano, docente presso l’Università Europea di Roma. Quest’ultima, in particolare, ha smentito che si potesse trattare di un’allucinazione collettiva o di un fenomeno provocato dalle videocamere amatoriali, testimoniando che la percezione delle pulsazioni solari avviene in modo sincronico in tutti i presenti.

 

La posizione della Chiesa. Il Papa a Chiara Almirante: “ho salvato io Medjugorje”.

Per quanto riguarda l’approvazione della Chiesa, la Commissione d’inchiesta su Medjugorje presieduta dal card. Camillo Ruini ha concluso il suo rapporto, consegnandolo a Papa Francesco. Uno dei diciassette membri della Commissione, padre Salvatore Maria Perrella, preside della Pontificia Facoltà Teologica “Marianum” di Roma, ha spiegato che «il Papa ha avocato a sé ogni decisione su Medjugorje». Il giudizio di tale commissione non è definitivo e ha sezionato il “caso” in due segmenti: una prima parte riguarda le sette apparizioni iniziali, su cui il giudizio è quello di credibilità. Mentre la Commissione è perplessa sul seguito delle apparizioni, che continuerebbero ancora oggi.

Nel novembre scorso, Chiara Almirante, fondatrice della comunità Nuovi Orizzonti, si è recata da Papa Francesco avendo il sospetto che le informazioni in possesso del Pontefice -più volte intervenuto in modo critico verso la Madonna “postina”– non fossero fondate. Il Papa le ha risposto: «Chiara, guarda che sono io che ho salvato Medjugorje, perché la Commissione della Congregazione della Dottrina della Fede, sulla base di tante notizie anche false, aveva già detto che Medjugorje è tutto falso. Quindi sono io che poi ho salvato Medjugorje, sono io che ho mandato Hoser perché credo – quello che ho anche affermato nella conferenza stampa – che i frutti sono tanti e sono inequivocabili. Puoi dire che ho a cuore Medjugorje, e che non mi sono reso conto che quella affermazione, che io ho detto a titolo personale, ma che nasceva anche da una informazione sbagliata, era arrivata in maniera così forte. Quindi puoi dire che ho a cuore Medjugorje, molto a cuore. E che mi sto muovendo col mio delegato Hoser, proprio per custodire tutto ciò che c’è di bello c’è a Medjugorje». Proprio mons. Henryk Hoser, il vescovo polacco che Papa Francesco ha nominato come Visitatore Apostolico a Medjugorje, sottraendone la giurisdizione dal vescovo di Mostar, mons. Peric, ha annunciato qualche settimana fa la costruzione di un santuario più ampio, dopo aver definito Medjugorje “luce del mondo”.

 

La conversione dell’ingegnere agnostico João Carlos Da Silva.

Questo perché è innegabile la mole di conversioni che avvengono ogni anno in questo piccolo paesino, i cui frutti spirituali sono enormi e teologicamente sani. Tra essi proprio il prof. João Carlos Da Silva, il quale pur indifferente e completamente laico, alcuni anni fa ha acconsentito di accompagnare la moglie, devota cattolica, in un pellegrinaggio in seguito ad un esaurimento nervoso. Lui non ricordava neppure se aveva fatto o meno la Prima Comunione da piccolo, neppure l’ultima volta che era entrato in una chiesa o aveva assistito ad una celebrazione eucaristica, era più interessato a conoscere le tecniche di agricoltura del luogo che altro.

Il primo impatto, una volta arrivati a Medjugorje, fu scioccante. Lui stesso ha raccontato che nonostante 40 gradi di temperatura, migliaia di giovanierano raccolti in preghiera, interminabili file con centinaia di persone desiderose di confessarsi, canzoni, rosari. Ritornati all’ostello in cui alloggiavano, la guida li informò che il giorno seguente si sarebbe svolta un’apparizione dedicata ai non credenti. Si fece convincere dalla moglie e dalle figlie di scrivere su un foglio un’intenzione alla Madonna: «Intercedi per me davanti a Dio, perché perdoni i miei peccati». Durante la (presunta) apparizione, qualcosa in lui effettivamente accadde, in particolare -ha testimoniato- la sensazione di un «grande rammarico per il mio passato, per una vita colma di peccato, così passai tutto il mio tempo chiedendo a Dio la grazia del perdono». A questa sensazione si aggiunse un altro segno: «Sono stato assorbito da una brezza fresca e contemporaneamente tutte le cellule del mio corpo, dai piedi alla testa, sono state attraversate da qualcosa di simile a una corrente elettrica. Questo fenomeno durò alcuni secondi». La prima reazione, terminata l’apparizione, fu chiedere alle figlie se anche loro avevano sperimentato lo stesso, ricevendo risposta negativa e piuttosto sorpresa in quanto la temperatura era molto elevata.

La moglie si accorse del cambiamento di João Carlos Da Silva e insistette perché si confessasse, così fece e così avvenne la sua conversione e l’inizio della sua vita da cattolico. «Penso che questo sia stato il culmine dell’intercessione della Vergine di fronte a Dio, che avevo chiesto a Medjugorje. Dio vuole salvare tutti ed è pronto ad accogliere tutti quelli che sono lontani da Lui, come lo ero io».

fonte UCCR


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05/03/2019 17:53
 
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Jordan Peterson,
Agnostico ma in cammino verso il cristianesimo 

Jordan Peterson“12 regole per la vita” (My Life 2018). Il nuovo libro del celebre psicologo canadese, Jordan Peterson, uno dei più influenti intellettuali dell’America del Nord. Agnostico ma in cammino verso il cristianesimo, come dimostra anche il suo ultimo lavoro, divenuto bestseller internazionale.

 

Abbiamo già parlato di un intellettuale emergente, davvero interessante, nel panorama internazionale, il cui nome è Jordan B. Peterson. E’ ritenuto il più importante e influente opinionista in Canada, psicologo clinico e docente presso l’Università di Toronto, i cui podcast su Youtube vengono seguiti da milioni di persone. E’ divenuto noto nel 2016 per essersi rifiutato di utilizzare i pronomi neutrali per chiamare le persone transessuali.

 

“12 regole per la vita”, un libro che conferma il cammino cristiano di Peterson.

Anche in Italia è arrivato il suo ultimo libro, intitolato 12 regole per la vita. Un antidoto al caos (My Life 2018), subito divenuto bestseller internazionale. E’ un buon strumento per comprendere il pensiero di Peterson, basato su storie concrete e idee utili per la vita ma, al di là del titolo molto commerciale, è una profonda riflessione antropologica su questioni importanti per l’esistenza come l’atteggiamento morale verso il bene o il male, il destino personale, l’educazione dei figli ed altri argomenti, come l’utopismo egualitario, il femminismo, l’ecologia ecc.

Avevamo già rivelato che l’eminente psicologo sta percorrendo un cammino molto vicino al cristianesimo, le sue ultime conferenze sono dedicate alla Bibbia, allo studio sul cristianesimo antico e più volte ha riflettuto sulla responsabilità di dichiararsi cristiani, che forse ancora non sente di potersi assumere: «Se sei un cristiano hai una responsabilità etica: imitare Cristo, hai bisogno di assumerti la responsabilità del male nel mondo come se ne fossi responsabile, prendere i peccati del mondo su te stesso. E devi capire che tu determini la direzione del mondo, che sia verso il paradiso o l’inferno, con le tue azioni verbali, e devi assumerti la responsabilità di questo».

Anche il suo ultimo libro è pregno di cristianesimo, il Nuovo Testamento è continuamente citato, così come abbondano i riferimenti a Gesù Cristo e alla Vergine Maria, verso i quali c’è ammirazione e rispetto, anche se vengono ritenuti più come “archetipi”. Peterson si riferisce alle storie bibliche (il peccato originale, Caino e Abele, il Diluvio, Abramo) come chiavi di interpretazione del presente e non sorprende che tra i suoi ispiratori vi sia Carl Gustav Jung.

 

Il giudizio del mondo cattolico.

Il mondo cattolico si è diviso sul lavoro di Jordan Peterson, il cattolico conservatore John Horvat si è mostrato scettico sul fatto che un autore non cristiano possa portare le persone ad interessarsi al cristianesimo, seppur sappia sfidare la società politicamente corretta e tenti di farlo usando nozioni cristiane. Molto più duro il teologo Adam AJ DeVille, per il quale il libro dell’intellettuale canadese non è solo banale e superficiale, ma pericoloso in quanto è un’apologia verso il darwinismo sociale e l’individualismo borghese.

Per quanto ci riguarda siamo più concordi con il teologo americano Scott Ventureyra, il quale ha valorizzato l’enorme potenzialità di Peterson nel portare una visione cristiana della realtà in una società che ha cessato di esserlo, considerando oltretutto il grande seguito che riscuote nei cosiddetti millennial. Sam Guzman ha a sua volta spiegato che sebbene non sia un esempio di cattolico, la sua difesa dell’eredità cristiana occidentale nel mondo postmoderno può risultare molto utile nell’evangelizzazione.

 

Ottimo strumento per respingere i “vizi laici” della società contemporanea.

Ciò che va salvato dell’opera di Peterson è certamente il suo riuscito tentativo di offrire ottimi argomenti per respingere la filosofia postmodernista, il relativismo nichilista, l’individualismo sfrenato, l’egoismo narcisista ed il pensiero utopico, quattro grandi vizi “laici” dei nostri contemporanei. Ad essi lo psicologo canadese risponde invitando il lettore a diventare protagonista della sua vita, a riconoscere le proprie colpe piuttosto che quelle altrui, a sfuggire al vittimismo ed il risentimento che immobilizzano l’esistenza, all’aprirsi al sacrificio per gli altri.

«Non solo appartieni a te stesso», scrive ad esempio Jordan Peterson, nei suoi “consigli sulla vita”. «Hai in te una scintilla di divinità che non ti appartiene, appartiene a Dio». E ancora: «Abbi cura di te oggi, mira al bene supremo, la traiettoria del tuo destino indica il cielo e questo riempie la tua vita di speranza». Un altro esempio: «L’idea del sacrificio virtuoso è profondamente radicata nella cultura occidentale (almeno nella misura in cui l’Occidente è stato influenzato dal cristianesimo, che si basa sull’imitazione di qualcuno che ha compiuto l’atto supremo di sacrificio)».

 

Il cristianesimo è la spina dorsale dell’Occidente.

Si confessa personalmente agnostico, ma riconosce che la spina dorsale dell’etica occidentale è il cristianesimo, verso il quale ha parole di grande apprezzamento: «Il cristianesimo ha raggiunto quello che era quasi impossibile. La dottrina cristiana ha sollevato l’anima individuale, ponendo lo schiavo, il padrone, l’uomo comune e il nobile, in una posizione di uguaglianza metafisica, rendendoli uguali davanti a Dio e alla legge. In questo modo la concezione metafisica del valore implicito trascendentale di ogni anima finì per essere imposta contro tutte le aspettative come presupposto fondamentale della legge e delle società occidentali, contrariamente all’antichità e contrariamente a quanto accade nella maggior parte del mondo di oggi». 

Infine, nel libro di Peterson, c’è spazio anche per alcune valutazioni di tipo morale. Come sul divorzio, si chiede infatti: «È stata una buona decisione liberalizzare così apertamente le leggi sul divorzio negli anni ’60? Non mi sembra che i bambini, le cui vite sono state destabilizzate dall’ipotetica libertà che questo tentativo di liberazione ha introdotto, siano in accordo con l’affermazione».

Lo psicologo canadese ha invitato a «non fingere che tutte le composizioni familiari siano ugualmente valide, perché non lo sono», e ha argomentato contro l’ideologia gender: «Le persone sono spesso disposte a produrre danni collaterali se possono aggrapparsi alla loro teoria. Alcuni insistono, con crescente forza, sul fatto che il genere sarebbe un costrutto sociale, ma non lo è, e non è un dibattito: ci sono dati che lo dimostrano. Studi scientifici inconfutabili e multidisciplinari indicano che le differenze sessuali sono fortemente influenzate da fattori biologici. Non insegniamo ai nostri figli che la Terra è piatta, né dovremmo insegnare loro teorie basate sull’ideologia e prive di supporto sulla natura di uomini e donne».


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29/03/2019 11:42
 
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Entrò con una pistola all’incontro del gruppo di preghiera:
si trovò di fronte Dio

conversion of a bully

L'incredibile storia di conversione di Mirko Boletti, bullo,
spacciatore con una difficile situazione familiare alle spalle

Mirko Boletti pensò che i suoi problemi erano dovuti al conflitto familiare con suo padre, ma, dopo averlo buttato fuori di casa, scoprì che i suoi problemi non erano risolti. Iniziò a condurre una vita sempre peggiore: alcool, festini e spaccio di droga.

Pieno di piercing e di ferite interiori, il vuoto che sentiva aumentò. Un giorno si recò in chiesa per minacciare un diacono, ma questi gli rispose con una frase che non riusciva a togliersi dalla testa, e che fu l’inizio di un cambiamento di vita che lo avrebbe salvato dal carcere e dall’inferno che stava vivendo.

Mirko ha raccontato la sua conversione radicale nel programma Change of Needles di Euk Mamie e Javier Lozano lo ha sintetizzatizzato per Religion in Freedom.

Dopo la cresima

Tutto risale alla sua infanzia, trascorsa vicino Brescia. Da bambino andava a messa e al catechismo grazie alla fede impartitagli da sua madre. Ma non appena ha fatto la cresima è successo quello che accade a molti dei giovani cattolici: non è più tornato in chiesa.

Dentro di lui è iniziato un malessere crescente, sopratutto a causa del difficile rapporto con il padre. «Era sempre assente, fuori casa. Ho creato un grande vuoto dentro di me e inconsciamente ho incolpato Dio», dice Mirko.

La madre trascorreva le giornate a lavorare per tirare avanti la famiglia e suo padre lasciava debiti ed era infedele.

 

Vita da bullo

Quando ha compiuto 18 anni, stufo di questa situazione, ha cacciato suo padre fuori di casa. Per lui Dio non esisteva. «Pregare per cosa? Perché ha permesso tutto questo nella mia vita?», si chiedeva.

La sua vita era fatta di uscite in discoteca, alcool, bullismo. «Ero sempre fuori con i miei amici ed ero il loro capo. Mi ubriacavo, andavo in discoteca, faceva sesso.

Le droghe pesanti e lo spaccio

Mirko pensava che buttando suo padre fuori di casa, i suoi problemi si sarebbero risolti. Ma non era così. Dall’alcool era passato alla droga.«Droghe pesanti come la cocaina, ma erano costose, e non avevo i soldi per comprarle perché i soldi che si guadagnavano a casa mia servivano per pagare i debiti che aveva lasciato mio padre. Allora ho iniziato con le prime rapine e anche con il traffico di droga», spiega durante l’intervista.

I gruppi di preghiera

Sua madre lo sgridava continuamente per la vita che conduceva e Mirko diventava aggressivo anche con lei. Da allora sua madre rinunciò a richiamarlo, e cominciò a pregare molto di più per lui: frequentava gruppi di preghiera con la speranza che il figlio si convertisse.

Mirko era curioso di vedere quei luoghi che frequentava la madre. Pensava tra se, di voler uccidere chi condizionava mentalmente la madre. E un giorno (di venerdì sera), «sono andato con la mia pistola, i miei capelli lunghi e i miei 107 orecchini ad uno di quegli incontri».

Stavo morendo dalla vergogna

Ma il giovane bullo non tirò mai fuori la pistola. Rimase abbagliato dalla scena che si trovò di fronte. Un diacono dal volto gentile e molti giovani che pregavano. «Ho visto qualcosa nei loro occhi che non avevo. Ho potere, soldi, donne, ma questi…cosa hanno? C’era anche una ragazza su una sedia a rotelle con un sorriso impressionante, e mi sono detto, che cosa ridi?…».

Quell’incontro aveva scosso Mirko. Che continuava a fare la sua vita di eccessi, ma tornava spesso alle riunioni perchè erano come «una calamita».

La guida di Dio

Domenica 3 marzo 1996 la data della sua conversione: sentire Dio dentro di sé e abbandonare di colpo quella «vita di merda», una sensazione incredibile.

Era ad uno degli incontri e «all’improvviso – ho iniziato a sentire un grande calore che andava dalla testa ai piedi, ho iniziato a piangere e non potevo smettere. Stavo morendo dalla vergogna. E ho sentito dire dentro di me: “perdona tuo padre perché anch’io ho perdonato anche te”». Da lì ha “ufficialmente” abbracciato la fede.

Tra alti e bassi Mirko sta costruendo un futuro radioso. «Dio ti porta in braccio, come una luna di miele. Ho iniziato a studiare, ho preso il diploma, la laurea in scienze religiose, in psicologia. Le difficoltà c’erano e ci sono, per tante cose che ti succedono. Però quando ti fermi e inizi a dialogare con Dio, ti rendi conto che anche se ti è successo questo o quello, sei sulla strada giusta. E allora hai la forza di andare avanti».


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29/03/2019 11:45
 
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Vecchio anarchico, ateo imbruttito,
Alain Mejiar racconta la sua conversione

 

Alain Mejias è un neo-convertito. Già anarchico, artista senza fede né legge, ora prepara un film che racconta una messinscena teatrale del “Cantico dei cantici” nella Polonia degli anni ’50, messinscena in cui si trova implicato un certo… Karol Wojtyła, uno degli attori principali. Un film che riflette magnificamente il suo cambiamento di vita. Lo abbiamo intervistato.

 

Aleteia: Lei ha un passato quasi all’opposto della vita che conduce adesso, grazie a una conversione piuttosto recente – sopraggiunta nel 2013. Ce ne può dire qualcosa in più?

Alain Mejias: È necessario, bisogna che io parli del ruolo decisivo della mia conversione nella mia vita di uomo e di artista. Dai 15 ai 22 anni ho scritto poesie in uno stato di assoluta insubordinazione; a 25 anni, in spregio di ogni compromesso, presi il partito della trasgressione – bisognava far saltare in aria il belmondo dell’arte ufficiale, che mi stomacava. Abbandonai allora l’apparato teoretico sul quale lavoravo – gender theory, femminismo e cinema hollywoodiano. Ammirato dallo stile di Douglas Sirk, di Joseph Mankiewicz, di Vincente Minnelli, celebravo la magnificenza dei sentimenti, l’esubero della passione carnale; puntavo sulla trasgressione per destabilizzare quelli che, nell’arte, si schieravano con il bello – ciò si enunciava mediante tematiche “morbide”. L’arte era un metodo per affrancarmi dalla norma. Come uomo ero anarchico, antireligioso – e non intendo semplicemente ateo, ma rabbiosamente avverso all’idea di Dio, il famoso “né Dio né padrone”.

Mi ritagliai un tempo dedicato alla scrittura di scenografie. Ho fatto qualche pellicola trasgressiva nell’ambiente underground, diffusa unicamente nel circuito del cinema di genere. Non ha funzionato perché la cosa non era adatta, ma soprattutto perché gira e rigira si finiva a cose decisamente miserabili, a un passo dal peep show [riprendere persone che urinano, N.d.T.]. Come artista, la cosa non era ulteriormente sostenibile. Allora ho fermato tutto e la mia vita è diventata tutta “sesso, droga e rock’n’roll”. Erano gli anni ’90. Fino al 2013, l’anno della mia conversione, la mia vita era fatta di sbandate e di traiettorie oblique, alle volte sorprendenti e spesso poco simpatiche per la società – molto di più per me. Anarchico com’ero, rifiutai la società ed espulsi la violenza presente in me mediante dei rinunciabili atti di trasgressione.

Com’è andata la sua strada verso la conversione?

La Vergine Maria mi è venuta incontro domenica 8 settembre 2013, mentre passeggiavo lungo Rue d’Assas. Il tutto è accaduto tramite una donna, sulla sessantina, portati bene, che chiedeva l’elemosina. Mi ha chiesto cinque euro. Era domenica, tutti i negozi erano chiusi. Avevo venti euro in tasca e non ero il Buon Samaritano, non mi sarei scucito i miei venti pezzi ma glie ne avrei dati cinque volentieri. Le chiedo allora di avere un attimo di pazienza, il tempo di trovare chi mi facesse il cambio. Ho girato invano e sono tornato indietro, chiedendomi se la mendicante fosse ancora là… Stava lì buona buona ad aspettarmi. E – questo lo spiega solo il Signore, lo Spirito Santo che già era lì – mi guardo nel portafogli e vedo la banconota da cinque. Magari avevo guardato male, vallo a sapere, ma la cosa è andata così. Le do i soldi e m’inginocchio per risistemare il portafogli nello zaino. Quando mi sono rialzato lei non c’era più, eppure in quel punto di Parigi lo spazio tra le strade è bello largo: mi è sembrato strano, soprattutto vista la sua età, che non me la faceva sembrare veloce, ma non mi ci sono arrovellato oltre. A partire da quel giorno, ho sentito che la Vergine Maria era onnipresente in me, senza una manifestazione religiosa particolare, ma la sua presenza era continuamente là.

 

Conosceva già la Santa Vergine, magari per un’educazione religiosa precedentemente ricevuta, oppure l’ha scoperta in quel momento?

La conoscevo perché i miei genitori erano cattolici. Ma dal momento che ero anarchico certe cose non le potevo sentire: ero molto provocatore, quindi diciamo che la conoscevo ma non per farle del bene. All’epoca, andavo spesso nella chiesa di Saint-Sulpice, non per la bellezza di Cristo ma per quella dei quadri, come La lotta di Giacobbe con l’angelo di Delacroix, che amo particolarmente. Allora mi sono deciso ad andare a messa più regolarmente, senza pensare troppo a quello che mi stava per capitare. Mia moglie, avendo saputo della mia chiamata alla fede, mi propose di andare alla messa della Veglia di Natale a Saint-Sulpice. Non sapevo come si sarebbe svolta la funzione ma alla fine dovemmo andare al presepe. Quando fummo là, mi sentii fortemente chiamato verso la sinistra della navata, lì dove si trova la tredicesima stazione – Gesù deposto dalla croce. Mia moglie ha visto una luce bianca vicino a me mentre mi inginocchiavo davanti al Sacro Cuore di Gesù, senza che io le avessi detto niente. Non do molta importanza a questa cosa, ma resta nondimeno un segno visibile.

A partire da allora, compresi di essere stato preso dal Signore. Poi appresi le cose da fare quando si viene travolti dalla fede: andare a messa la domenica, avvicinarsi alla parrocchia, seguire le catechesi ecc… Sono andato alla parrocchia del mio arrondissement (Sainte Claire, nel XIX) per cominciare. Mi hanno chiesto se avessi il certificato di battesimo: io non vedevo più i miei genitori, quindi non avevo modo di rintracciare la chiesa in cui ero stato battezzato. La fortuna – oggi direi la Provvidenza – è che lo Spirito Santo era già lì e io non lo sapevo: i miei genitori erano credenti, mi avevano battezzato quando avevo tre mesi. Wow! Gioia. La data della Confermazione si avvicinava e io ancora non avevo il certificato di battesimo, eppure volevo profondamente ricevere l’Eucaristia. Grazie allo Spirito Santo, sono riuscito a trovare l’indirizzo della chiesa che cercavo.

Dal 2013 al 2015 ho navigato in acque tumultuose e ho ricevuto la Confermazione nel 2016. Durante il giovedì santo di quell’anno, al momento dell’Eucaristia, ho sentito forte la presenza di santa Thérèse [di Lisieux, N.d.T.] che mi diceva di parteciparvi. Mi sono allora unito alla fila dei fedeli che andavano a comunicarsi e il padre mi benedisse. Poi fu la volta della processione, con le suore benedettine e padre Soubias… un momento ineffabile. Ma il culmine della serata fu l’emozione intensa che mi ha procurato la veglia di adorazione all’altare della reposizione, nella cappella dei beati Louis e Zélie Martin, genitori «più degni del cielo che della terra». A tal punto che alla fine sono rimasto per lunghi minuti solo, con Thérèse al mio fianco, nella basilica di Notre Dame des Victoires, trasportato dalla felicità. Alle 23, si ripeteva tutta la celebrazione, io rimasi immobile… la Vergine Maria, sublime e umile al contempo, mi faceva entrare nella gloria del Signore. Dopo un tempo di maturazione e dopo una percezione della fede molto cerebrale – che in realtà era la mia nuova nascita in Cristo – entrai nell’età adulta della fede. Questo è importante, nella mia carriera di artista, perché ho veramente compreso che devo ascoltare il Signore contro venti e maree, che non posso anteporgli la mia propria volontà. Continuavo malgrado tutto la mia vita da sfaccendato, ma sono anche un cineasta e la voglia di tornare alle mie aspirazioni artistiche si faceva sentire.

Prima della sua conversione, lei era per il Mariage pour tous[nome francese del “matrimonio” gay, N.d.T.], e qualche anno dopo ha partecipato alla Marche pour la vie [versione francese della March for life, N.d.T.]. Una bella inversione a U!

Quando ero giovane partecipavo a molte manifestazioni che non mi entusiasmavano. Nel 2013, la Legge Taubira [sul Mariage pour tous, dal nome della prima firmataria, N.d.T.]… non ero contrario. Ognuno è libero di vivere la sua sessualità, dunque non vedevo problemi ad accordare il matrimonio agli omosessuali. Secondo me, la cosa riguardava l’ambito privato, e dal momento che non lede la vita sociale non c’è problema. Mi piaceva la personalità di Christiane Taubira, colta, non convenzionale. Adesso, da cattolico, guardo con affetto e benevolenza gli omosessuali, che sono figli di Dio. Non bisogna cadere nell’eccesso dell’esclusione, anche se si ha il diritto di battere il pugno sul tavolo quando è necessario.

Salto nel tempo. A gennaio 2017 vengo informato sulle serate dell’“Università della vita” organizzata da Alliance Vita. Ci sono andato e sono rimasto sedotto dalla qualità dei relatori, dai loro argomenti sostenuti da un’argomentazione strutturata e positiva. I temi riguardavano, tra gli altri, l’eutanasia, l’aborto… era fantastico. Poi mi hanno parlato della Marche pour la vie: per la prima volta ho manifestato con gioia… non era più il vaso di coccio contro il vaso di ferro. Ero impressionato da quanto era gagliarda la gioventù cristiana che ha messo in moto, malgrado le forze contrarie, un simile evento. Non si trattava solo di convinzione personale: quando si scopre la vita quotidiana di Giuseppe e di Maria, la ricchezza incommensurabile degli scambi di Marta e Maria con Gesù, con Maria Maddalena o con la Samaritana, si comprende la complementarietà dell’uomo e della donna. Mi permetta di evocare Pasolini, cineasta omosessuale, e il suo magnifico film Il vangelo secondo Matteo, la scena in cui l’angelo viene a trovare Giuseppe, un po’ smarrito e pieno di Spirito Santo. Si vede dunque Giuseppe, magnifico, così buono, che accetta il suo ruolo di uomo, e si sa già che sosterrà sua moglie Maria per educare Gesù. E Maria, da parte sua, accetta il suo ruolo di moglie e di madre. Non si può essere per il Mariage pour tous dopo aver visto una cosa simile – è impossibile se si è credenti. Per quanto riguarda il mio rapporto col maschile, anche se non sono stato ancora toccato da Giuseppe, lo trovo magnifico in ciò che ha accettato.

Vorrei del resto ringraziare una donna formidabile che è per me una carissima amica, Maylis Gillier, vicepresidente di Femina Europa, una ONG che vuole riabilitare la vera identità della donna in tutte le sue dimensioni, in complementarietà con l’uomo. Mi ha insegnato a realizzare il dovere di responsabilità e l’interdipendenza indispensabili per vivere in armonia la mia percezione della relazione uomo-donna.

La lettura del Cantico dei Cantici l’ha molto segnata, in rapporto alla sua storia e alla sua sensibilità. Alla fine ha scoperto il rapporto di desiderio che dobbiamo avere con Dio. Me ne parla?

Certo, le leggo un passo:

Che mi baci con i baci della sua bocca.
I tuoi amori sono più deliziosi del vino;
l’aroma dei tuoi profumi è squisito;
il tuo nome è un olio che si spande,
e perciò le ragazze ti amano.
Trascinami dietro a te, corriamo!

Ct 1,2-4

Quando ho letto questo passaggio mi sono detto che era di una sensualità pazzesca. Se l’avessi letto all’epoca in cui ero anarchico e turiferario del surrealismo, mi sarebbe piaciuto da matti, perché di un’intensità e di una bellezza incredibili:

Il mio amato, per me,
è un sacchetto di mirra:
passerà la notte tra i miei seni.

Ct. 1,13

Ho un amore molto carnale e una vera relazione d’amore con Cristo, quasi femminile, e questo desiderio carnale è un desiderio di Dio. Non è sconveniente pensare che Dio «ci dia i baci della Sua bocca». Ciò si esprime meravigliosamente nelle vite dei santi, dei martiri e delle vergini come santa Cecilia, santa Lucia e sant’Agnese, che ha delle frasi magnifiche su questo amore che l’ha salvata dal rogo. Il desiderio di amare Dio col nostro corpo, anche se è un corpo virile, è possibile perché la nostra capacità di amore per Lui è talmente grande che essa traduce il desiderio di amare col nostro cuore, con la bocca, con le labbra… e di abbracciare il Signore con tutto l’amore che ci ha dato. Dio ci dà un corpo, il suo, simile in tutto al nostro, perché possiamo toccarlo… noi dobbiamo toccare il corpo di Cristo. Gesù è in ognuno di noi. Eppure il Signore soffre mancanza d’amore, Egli lo esprime dicendo “Ho sete”, e santa Marguerite-Marie Alacoque lo ha opportunamente ricordato. La maggior parte dei cristiani sono timidi, hanno paura: Papa Francesco, del resto, ci ha pungolati in tal senso. Alcuni vogliono amarLo a modo loro, ma bisogna amarlo a modo Suo, mediante l’Amore… che si sia ancora nel peccato o che ce ne siamo già liberati… Cristo ci rende liberi… liberi di amare senza posa, come una mitragliatrice spianata… legga, legga la sublime Thérèse del Bambin Gesù.

Intervista di Louise Alméras.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]


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21/06/2019 09:35
 
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Padre Paul: da hippie a sacerdote francescano.
La vera libertà è solo in Cristo!

PAUL IORIO
 

Berica Editrice pubblica la sua storia incredibile di conversione. Paul ora è un sacerdote dei frati minori. Di origine italo-americana ha vissuto come figlio dei fiori fino a quando non ha scoperto di essere figlio di Dio. Ora si dedica all'evangelizzazione dei più abbandonati.

di Pietro Antonicelli

 

Qualche mese fa il buon vecchio Giuseppe Signorin, chitarrista dei “Mienmiuaif” ed editore della collana Uomo Vivo, mi chiama e mi dice:

Ho avuto un’idea…ho conosciuto la storia di Padre Paul Iorio, e siccome so che è il padre spirituale tuo e di tua moglie, volevo fargli sapere che sarei interessato alla pubblicazione della sua storia…secondo me un libro con la sua autobiografia spacca e potrebbe fare tanto bene!!!

 

In altre parole è accaduto quanto da tempo io e mia moglie Filomena speravamo che accadesse, ovvero p. Paul che scrive un libro in cui racconta la sua vita! Diverse volte ne avevamo parlato e p.Paul, mi ricordo, una volta aveva anche detto:

Si, solo se Pietro fa i disegni da mettere nel libro!

Sembrava un sogno…e invece…qualche mese fa il caro Signorin ha fatto questa proposta ed è sembrato naturale accoglierla. Un po’ meno naturale è sembrata a Paul che da “buon orso” quale è non ha gradito molto questa cosa perché temeva che fare una cosa simile potesse sembrare mettersi in mostra. Allora io, Filomena e Signorin abbiamo detto a p. Paul che la sua storia poteva essere importante raccontarla alla gente e soprattutto ai giovani. Ed è così che è nato questo libro: Il sacco a pelo e la Croce – Autobiografia di un figlio dei fiori che si è scoperto figlio di Dio.

“Ma cos’ha questa storia di così speciale?!”, vi starete chiedendo…

Beh, siamo qui a scrivere un articolo per invogliarvi a leggere il libro e quindi saremo attenti a non “spoilerare” quanto viene raccontato!

 

Vi diremo solo che è la storia di padre Paul Iorio, un sacerdote italo-americano nato nel 1952 a Syracuse, nello Stato di New York (USA). Hippie, sperimentatore teatrale, barbone. Padre Paul Iorio ha vissuto molte esperienze al limite sempre cercando la verità e la libertà, che alla fine ha trovato indossando il saio francescano, dopo un episodio molto intenso nel deserto americano da cui prende il titolo la pubblicazione.

Padre Paul ha abitato a New York, Roma, Assisi, Washington e ha girato le strade del mondo per condividere l’esistenza e portare il Vangelo agli ultimi, ai senza fissa dimora, ai tossicodipendenti, fino ai bambini tra i topi e gli scarafaggi nelle fogne di Bucarest.

Molti conoscono padre Paul per l’esperienza di “San Masseo” ad Assisi e per aver promosso le cosiddette “Missioni itineranti” all’interno dell’Ordine dei Frati Minori in Italia.

Ho fatto qualche domanda a p. Paul:

Ciao Paul, cosa vorresti che passasse attraverso questa tua autobiografia?

Vorrei spronare le persone a leggere la propria vita come una storia di salvezza, ossia avere uno sguardo attento a riconoscere l’intervento e la presenza di Dio nella loro esistenza.

Nel sottotitolo c’è scritto che sei stato un figlio dei fiori che si è scoperto figlio di Dio. Forse la chiave di questo tuo libro e della tua vita è proprio in questo verbo: “scoprire”. Che ne pensi?

Noi siamo figli di Dio grazie al dono del battesimo, ma spesso non ci crediamo…e finiamo per vivere solo la nostra dimensione umana e non divina. Credo sia necessario il riconoscere e il credere al dono che Dio ci fa…il dono della nostra adozione a suoi veri figli. <<Se tu conoscessi il dono di Dio>> dice Gesù alla samaritana…

Un’autobiografia avvincente come un romanzo: la ricerca autentica della verità non sembra ammettere la noia e porta in territori inaspettati…

Un detto ricorda che la risposta al quesito della verità è nella ricerca stessa. Dobbiamo essere dei ricercatori appassionati e instancabili della vita, dell’amore, della verità.

Un’altra cosa che mi ha colpito è lo spazzolino…cosa ha rappresentato per te lo spazzolino da denti quando hai deciso di andare a vivere per strada?

Beh…per me lo spazzolino in quel periodo è stato un salvagente, un briciolo di dignità che mi ha impedito di toccare il fondo.

 

Posso dire che si tratta di una storia vera che genera stupore nel lettore; un libro che racconta di una vita che viene stravolta dalla Misericordia di Dio.

Se ora vuoi leggere la storia di p. Paul e vedere i disegnetti che ho fatto (alla fine è stato lo stesso Signorin a chiedermi di fare i disegni….guarda un po’ come sono le vie del Signore)…puoi cliccare qui.Buona lettura e buon viaggio insieme a Paul…alla scoperta di quanto il Signore Dio ha operato nella sua vita…certo del fatto che può fare altrettanto nella tua.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA SPOSI E SPOSE DI CRISTO


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21/06/2019 09:39
 
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Sacerdote, giovane e rapper: si è convertito davanti al Santissimo



© DR



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“Ha attraversato il mio cuore come continua a fare oggi, perché mi ha detto che mi amava anche se vivevo nel peccato grave”, ricorda


Joshua Johnson ha 27 anni ed è il sacerdote più giovane della diocesi di Baton Rouge, negli Stati Uniti. Prima di convertirsi era un rapper, e continua ad esserlo.

 


Il giovane sacerdote cattolico a cui piace la musica rap ha qualcosa da confessare sulla sua fede e la sua musica: quando era giovane non gli piaceva la Chiesa cattolica, e non vuole essere conosciuto semplicemente come “il prete rapper”. La cosa certa è che la sua fama deriva dalla sua abilità in questo stile musicale, che tiene vivo in una radio cattolica con il programma di hip hop “Dillo al mondo”.


Johnson, della chiesa di Cristo Re alla Louisiana State University, è stato ordinato nel 2014 dopo anni in cui aveva rifuggito la sua vocazione.


Alcuni mesi fa ha partecipato come oratore a un Congresso della Gioventù Afroamericana svoltosi a Lafayette (Louisiana) organizzato da Catholic Extension, e ha raccontato la sua storia davanti a più di 600 persone.


“Sono stato educato come cattolico, ma la Chiesa cattolica non mi è mai piaciuta. Mi sembrava noiosa e non la capivo”, ha spiegato. La sua difficoltà principale proveniva dall’Eucaristia: “Non ho mai creduto che si trattasse del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo, come insegna la Chiesa”.


Paradossalmente, la sua conversione è venuta proprio da ciò che non gli piaceva: Gesù Sacramentato. È stato nell’ultima estate di liceo, a 17 anni, durante un ritiro al quale lo avevano invitato nella vicina città di Alexandria.


 




Amore nonostante il peccato


“Quella notte, in adorazione, quando il vescovo ha esposto Gesù Cristo nell’Eucaristia, tutto ciò che posso dire è che la grazia di Dio mi ha sconfitto”, ricorda padre Joshua. “Guardando le specie consacrate, ho saputo che erano Dio, che erano Gesù Cristo. È stato come un innamoramento istantaneo. Ho iniziato a piangere. Ero in ginocchio ad adorare Dio, e la prima cosa che Gli ho sentito dire è stata ‘Ti voglio bene’, e ha attraversato il mio cuore come continua a fare oggi, perché mi ha detto che mi amava anche se stavo vivendo nel peccato grave”.


Quel giorno ha ricevuto un’altra chiamata, quella a diventare sacerdote, ma non si sentiva preparato, per cui è entrato all’università. “Non volevo diventare sacerdote, stavo cercando di scappare”.


La fuga non è durata a lungo: “Non riuscivo a smettere di pensare al sacerdozio. Per tutto il tempo in cui sono rimasto alla Southern University ho saputo che il luogo in cui avrei dovuto essere era il seminario”.


“Rappando” in seminario… e dopo


Da quel momento, Joshua non si è mai separato da una cappella di adorazione perpetua, e nel 2006 ha iniziato il primo corso al Seminario di San Giuseppe di Covington, oltre a studiare Teologia al Seminario Notre Dame di New Orleans. “Sono stati tra i migliori anni della mia vita”, ha spiegato a The Advocate. “È stato un periodo di profonda intimità con Gesù, perché avevo molto tempo per pregare e molto tempo per studiare”.


L’unica cosa che non ha lasciato della sua vita precedente è stato il rap: “Sono cresciuto facendolo come divertimento e ho continuato in seminario come divertimento”, per sé e per i compagni. Presto ha scoperto il potenziale evangelizzatore dell’hip hop per avvicinarsi ai più giovani, e ora mantiene la sua vecchia abitudine a questo scopo.


“Quando i giovani mi sentono ‘rappare’, catturo la loro attenzione. ‘Rappo’ sempre su Gesù Cristo e su ciò che Egli ha portato nella mia vita. Alcune persone mi contattano attraverso la mia musica su Youtube o Facebook e mi dicono: “Ti chiamo perché ho visto questo video e voglio donare la mia vita a Cristo”.


Sacerdote rapper, sacerdote nero


Per quanto tempo continuerà a “rappare”? “So che devo tenere lo sguardo fisso su Dio e su ciò che Dio mi ha chiamato a fare. Farò tutto ciò che mi dirà di fare per la santificazione della gente a cui si rivolge il mio ministero”.

 sacerdote ha spiegato che non canta per essere gradito alla gente, ma per essere gradito a Dio: “In sé il rap non è negativo, non è peccato. Fa parte di una cultura. Possiamo utilizzarlo. Non dobbiamo rifiutare la cultura, dobbiamo essere immersi in essa e promuovere ciò che è buono. E da questo tipo di musica può venire un gran bene”.

Padre Johnson si vede anche come parte della cultura nera, da dove, dice, non escono molti sacerdoti. “Non ho mai pensato a questo in parte perché non ne avevo mai visto uno, per cui credo che il fatto che i giovani mi vedano come sacerdote nero aprirà loro gli occhi”.

La virtù è dura

Attualmente Joshua svolge il suo ministero pastorale nel campus dellaLouisiana State University, dove studiano 14.000 cattolici.

“Mi piace lavorare con i giovani adulti, perché hanno un fuoco reale e un desiderio di essere santi. Mi piace lavorare con la gente che cammina verso il primo incontro con Gesù, così come con chi Lo ha già incontrato”.

Avverte delle difficoltà, questo sì: “Ci sono persone che pensano che tutto ciò che devi fare è accettare Gesù nella tua vita e tutto sarà più facile e la santità sarà come un pezzo di torta. La realtà è che essere santi e virtuosi è molto difficile. Il cielo è una cosa di grande valore, per cui Gesù ha dovuto lottare, ha dovuto soffrire, e anche noi dovremo lottare. A volte cadremo, ma la grazia di Dio sarà lì per accoglierci”, ha concluso.

 

Come dice in genere il giovane sacerdote, “dobbiamo immergerci nella Parola di Dio perché Egli possa parlare attraverso di noi”. Anche a ritmo di rap.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

fonte ALETEIA


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20/12/2019 13:47
 
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Il venerabile massone convertito a Lourdes: «andai in sacrestia e chiesi il Battesimo»



Alcuni mesi fa è stato pubblicato in Francia l’ultimo libro di Maurice Caillet, per quindici anni venerabile di una potente loggia massonica francese. Salvo poi, convertirsi e fare pubblica luce sull’oscuro che si cela dietro la massoneria francese. Il volume si intitola La Franc-maçonnerie: un péché contre l’Esprit? ed è una riflessione sull’incompatibilità tra massoneria e fede cattolica.


Medico, chirurgo e ateo. La conversione di Caillet è avvenuta attorno al 2009 durante un viaggio a Lourdes. Raccontò tutto nel suo bestseller Ero massone (Piemme 2010), pubblicato prima in Spagna, poi in Francia e poi in Italia. Prima della conversione fece parte del Partito Socialista e ha ricoperto numerosi incarichi nell’amministrazione sanitaria. La sua storia richiama quella di Serge Abad-Gallardo, anche lui massone (per 24 anni) e anche lui convertitosi, che ha svelato la non trascurabile influenza della massoneria, ancora oggi, sulla società e i suoi riferimenti satanici.


In Italia, Caillet raccontò con queste parole il suo cambiamento:



«Ero razionalista, massone e ateo. Non ero neanche battezzato, ma mia moglie Claude era malata e decidemmo di andare a Lourdes. Mentre lei era nelle piscine, il freddo mi costrinse a rifugiarmi nella Cripta, dove assistetti con interesse alla prima Messa della mia vita. Quando il sacerdote, leggendo il Vangelo, disse: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto”, ebbi uno shock tremendo perché avevo sentito questa frase il giorno della mia iniziazione al grado di Apprendista ed ero solito ripeterla quando, già Venerabile, iniziavo i profani».



Attimi di silenzio, di riflessione, fino a che disse di udire…



«chiaramente una voce che mi diceva: “Bene, chiedi la guarigione di Claude, ma cosa offri?”. Istantaneamente, e sicuro di essere stato interpellato da Dio stesso, pensai che avevo solo me stesso da offrire. Al termine della Messa, andai in sacrestia e chiesi immediatamente il Battesimo al sacerdote. Questi, stupefatto quando gli confessai la mia appartenenza massonica e le mie pratiche occultiste, mi disse di andare dall’Arcivescovo di Rennes. Quello fu l’inizio del mio itinerario spirituale».



L’accaduto non può non far ritornare alla mente un altro personaggio, il Nobel per la Medicina Alexis Carrel, anch’egli convertitosi a Lourdes dopo aver assistito con i propri occhi ad una guarigione miracolosa. Nel libro Viaggio a Lourdes (1949), raccontò lo straordinario evento a cui assistette.


Qui sotto una recente testimonianza in italiano dell’ex massone Maurice Caillet



Fonte ALETEIA



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20/12/2019 23:34
 
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Il vescovo anglicano Gavin Ashenden, ex cappellano della regina Elisabetta II (2008-2017) e noto commentatore televisivo, durante la Santa Messa della quarta domenica d’Avvento – il prossimo 22 dicembre – verrà accolto nella Chiesa cattolica nella Cattedrale di Shrewsbury, in Inghilterra, per mano del vescovo Mark Davies. Con questo passaggio, i suoi ordini anglicani saranno sospesi e diventerà un teologo cattolico laico. Helen Ashenden, sua moglie da 23 anni, è diventata cattolica circa due anni fa.


Contattato dal Timone, l’ex cappellano di Sua Maestà ha confermato la veridicità della notizia e ci ha tenuto a inviarci delle sue personali annotazioni, che pubblichiamo integralmente di seguito e che in parte sono già apparse sul sito Church Militant.


LE PAROLE DI GAVIN ASHENDEN


«Uno dei grandi errori della Chiesa nel XX secolo fu quello di continuare a guardarsi alle spalle e definire le differenze per mezzo di argomenti teologici che appartenevano correttamente al XVI secolo. Mentre attinge alla sua esperienza del passato, la Chiesa deve vivere nel presente con un occhio al futuro escatologico. Nel presente momento affrontiamo la necessità di una nuova riforma, nata dallo spostamento delle placche tettoniche all’inizio del XXI secolo. Il conflitto oggi è espresso da un violento assalto alla cultura e al sistema di valori giudaico-cristiani da un secolarismo utopico, spietato e infuriato. I suoi critici non hanno torto a etichettarlo come culturale o neo-marxista. Questo assalto intende diminuire e dissolvere non solo i valori e l’etica cristiani, ma anche il dono unico di vedere gli esseri umani come creati sacri a immagine di Dio e anche la ricerca della verità attraverso la difesa e la promozione della libertà di parola.



Credit: Church Militant



Purtroppo, la Chiesa d’Inghilterra e gran parte della sua tradizione ha, con sempre più frequenza, scambiato gli elementi essenziali della cultura cristiana, in particolare per quanto riguarda la sessualità, l’identità umana e la ricerca dell’uguaglianza sociale, piuttosto che della salvezza, con i valori della cultura secolare circostante. Questo la pone dalla parte sbagliata nella lotta per il rinnovamento della Chiesa e per l’evangelizzazione della nostra società. A mio giudizio, a questo punto della storia, solo le chiese di espressione cattolica e ortodossa romana hanno la capacità di difendere la fede come le nostre circostanze richiedono. Avendo creduto che le rivendicazioni e l’espressione della fede cattolica siano l’espressione più profonda e potente della credenza apostolica e patristica, e di accettare il primato della tradizione petrina, sono grato al vescovo di Shrewsbury e alla comunità cattolica della sua la diocesi per l’opportunità di riparare 500 anni di storia fratturata e riconciliarmi con la Chiesa che ha dato i natali alla mia tradizione precedente.


Sono particolarmente grato per l’esempio e le preghiere di san John Henry Newman. Ha fatto del suo meglio per rimanere un fedele anglicano e rinnovare la sua chiesa madre con il vigore e l’integrità della tradizione cattolica. Ora come allora, tuttavia, la sua esperienza informa la nostra che la Chiesa d’Inghilterra tende a radicarsi sui valori della cultura secolarizzata piuttosto che sull’integrità e la comprensione dei valori biblici, apostolici e patristici. La sua esperienza ispira anche la nostra e traccia la strada per la nostra vera casa ecclesiale, che è la roccia, che è il carisma petrino della fede e testimone nella nostra lotta per la salvezza e il paradiso».


[Fonte foto in evidenza: ashenden.org]




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08/02/2020 20:50
 
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...Ora  apre la sua casa a chi vuole incontrare l’abbraccio di Gesù





 


 


 






La conversione inaspettata di Rosaria Butterfield, uno scontro frontale con Dio che non le ha fatto semplicemente cambiare opionione o cambiare identità sessuale. L’ha messa da capo e senza schemi ideologici di fronte alla domanda: chi sono?



«La parola Gesù era come una zanna di elefante piantata in gola. Per quanto soffocassi, non potevo tirarla via» – Rosaria Butterfield


I titoli devono attirare l’attenzione e gridare la parte «succosa» di un contenuto. Oggi mi trovo a dover subito puntare il dito contro il titolo che ho scelto. Non è scorretto, perché mette sul tavolo i dati reali della faccenda; eppure la storia di Rosaria Butterfield parla di una donna che ha capito che la via peggiore per la conoscenza di sé sia identificarsi in etichette come «atea» e «lesbica». Lei stessa se le appuntava al petto con fierezza, finché un treno in corsa – chiamato conversione – non le ha spalancato l’ipotesi che l’io sia qualcosa di così grande che solo Dio può abbracciarlo senza ridurlo.


Quando il tema sul tavolo tocca le questioni dell’identità sessuale, sappiamo bene che ci si arrocca in fazioni contrapposte: la religione cristiana è contro gli omosessuali, il mondo LGBT è contro i cristiani. Questo è lo schema falso e fin troppo ripetuto; sia che stiamo da una parte o dall’altra della barricata, spesso vogliamo proprio chiuderci nel nostro recinto e gettare invettive al nemico.


L’unica alternativa alle barricate è la categoria dell’incontro: si può essere autentici fin nel midollo, contestare fieramente le idee altrui, testimoniare il proprio vissuto senza censure … e farlo senza considerarsi nemici. Questa non è la storia di una persona che da una trincea è passata a quella opposta, non è una pedina vinta da un giocatore e persa dall’avversario: è una donna che si è scrollata di dosso la zavorra di un pregiudizio e sta prendendo sul serio la domanda profonda sulla propria felicità e sul proprio destino. Dovremmo riconoscere, onestamente, che questo è il campo da gioco su cui siamo tutti.


fonte ALETEIA





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10/05/2020 11:18
 
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Maria Baidaoui, convertita dall’islam:
«Nel cristianesimo, ho scoperto il vero volto di Dio»

WOMAN BAPTISM
 

«Solo nel cristianesimo – ha detto Yasmine – ho conosciuto un Dio che ama gratuitamente». «In principio era il Verbo, e il Verbo era Dio, e il Verbo era Dio» (Gv 1,1,). Con questo versetto il Signore misericordioso le ha rivelato il suo vero volto dopo un lungo cammino di ricerca pieno di delusioni. Yasmine Baidaoui, la giovane libanese che si è convertita al cristianesimo, ha scelto il nome di battesimo di Rita-Maria: ha raccontato ad Aleteia il suo cammino pieno della presenza amante del Signore, clemente e misericordioso.

La notizia ha sconvolto la mia famiglia

Sono cresciuta in una famiglia musulmana sunnita e ho studiato in una scuola laica i cui studenti erano tutti musulmani. Nella mia vita ci sono stati due momenti decisivi: il mio battesimo e poi la trasformazione che la mia relazione con Gesù ha subito – quando si è trasformata da religiosità naturale in vera fede.

Quando avevo circa 8 anni guardavo film su Gesù senza sapere nulla di lui. Col passare del tempo, la curiosità mi ha spinta a porre domande sull’Islam, e quindi ho cercato risposte soddisfacenti nel Corano, ma non ne ho trovate.

Ho proseguito il mio cammino alla ricerca del Dio di misericordia, d’amore e di perdono, ma le risposte le ho trovate nel cristianesimo: in quel momento ho deciso di chiedere i due sacramenti del battesimo e della confermazione mediante amici cristiani.

 

La notizia ha sconvolto la mia famiglia: «Nostra figlia diventa cristiana?!»

Mia madre ha reagito in opposizione, mentre per mio padre non c’era alcun problema a parte il fastidio per la reazione della gente. Mia madre mi diceva di non battezzarmi prima della sua morte, e il giorno del mio battesimo ha finto di sentirsi male nel tentativo di dissuadermi.

 

Che bello immergersi nella paternità di Dio!

Il mio battesimo è stato come una nuova nascita, ma la mia vera crescita si è compiuta nella “Scuola della fede” del padre Ramzi Jreij, dove ho compreso che la mia relazione con Dio era puramente commerciale, malgrado già sapessi che Gesù è il Dio dell’amore, della misericordia e del perdono. Prego Dio per realizzare i miei desideri e i miei sogni, e accendo ceri perché egli sia il mio guaritore divino, il mio avvocato, il mio giudice e l’immagine di cui ho bisogno.

A 25 anni, i tre sacerdoti George Kamel, Jean El-Gemani e Charles Kassab mi hanno battezzata. Ho scelto il nome che ora porto perché è santa Rita che mi insegna a pregare: quanto alla Vergine Maria, è la madre della Chiesa, la mia preferita e la la discepola perfetta, la prima e la suprema. Dunque voglio seguire il suo esempio nella mia sottomissione assoluta alla volontà del Signore e mediante il mio cammino per diventare una serva del progetto salvifico di Dio.

Che sensazione indescrivibile! Ho sentito un amore inimmaginabile che va al di là della passione fino alle profondità della fede. In quel momento, ho creduto alla presenza di Gesù che mi battezzava, cosa che mi ha permesso di scoprire il vero senso della fede e di immergermi nelle profondità della paternità di Dio!

Che meravigliosa relazione tra i figli e il padre che li ama gratuitamente, incondizionatamente e senza alcun ritorno… Ho compreso che il mio Padre celeste mi accetta con i miei peccati e con la mia bruttezza, e che vuole la mia salvezza. Ho anche compreso che la mia vera felicità risiede nella scoperta del suo amore perché io sappia come amare me stessa e gli altri.

Ecco la mia esperienza tra Islam e Cristianesimo

Ho cercato di leggere il Corano, ma non comprendevo il suo contenuto, e allora ho deciso di studiare la religione islamica. Per questa ragione sono andata a incontrare uno sceicco per informarmi sulle credenze religiose: è bastata quell’esperienza per rovinare tutta l’immagine che mi ero fatto in testa. Gli ho posto domande sulla poligamia, alle quali egli ha risposto giustificandola così: «Magari la prima moglie ha problemi che le impediscono di procreare…». Dopo una lunga discussione, gli ho detto: «E se tutte e quattro le mogli avessero di simili problemi?». Ha risposto: «In tal caso, l’uomo deve accettare il suo destino». Al che l’ho incalzato: «E che penserebbe lei di un uomo che avesse problemi di salute tali da impedire la procreazione?». A quel punto ha capitolato: «Figlia mia, un uomo non può accontentarsi di una sola donna».

La sua risposta non mi era parsa convincente, così come molti temi del Corano che non sono riuscita ad accettare. Nell’Islam ero abituata a considerare Dio come uno spaventapasseri, anche se il Corano lo definisce sempre “clemente e misericordioso”, salvo che ci condanna e colpevolizza per ogni più piccola trasgressione. Non accettavo questa contraddizione: come può Dio avere pietà di me e al contempo stare a pesarmi ogni più piccola cosa col bilancino?

Un giorno ho ottenuto la risposta: «Se lei decide di pentirsi dei suoi peccati, Dio la perdonerà». Ma questa risposta non mi ha convinta perché è normale che Dio mi perdoni se mi pento: in questo caso, però, che cosa sarebbe la grazia?

Il vero amore sta nel fatto che una persona sia amata gratuitamente, malgrado la sua bruttezza: per me, Dio non era “lo spaventapasseri” che sta lì a farmi sentire in colpa per ogni più piccola colpa, ma al contrario il padre che si dà pena della felicità e della salute dei suoi figli.

Nel cristianesimo ho fatto la conoscenza del Dio amante, che non attende alcuna obbligazione o imposizione da parte mia per offrirmi il suo amore. Sono certa che la preghiera sia una relazione d’amore tra il Creatore e l’uomo: essa è anche simile alla relazione d’amore tra un uomo e la sua amata, perché la mia relazione col mio Signore non cambia lui, ma piuttosto cambia me e semina la pace nel mio cuore, perché io possa accettare la mia realtà con cuore pieno di speranza e di fiducia nel Dio che sempre mi accompagna.

Mi accusava di apostasia, oggi anche mia madre si affida alle sofferenze di Cristo

Il tempo passa e la mia famiglia ha finalmente accettato la mia conversione. La mia relazione con mia madre è migliorata, la quale ora non si oppone più se vado in chiesa a pregare o se accompagno qualcuno perché riceva il sacramento del battesimo.

Nel passato, mia madre mi spiava e diceva che stavo profanando la casa ogni volta che mi vedeva farmi il segno della croce. Adesso invece accetta la croce e l’immagine di Gesù in casa. E poi non è più contrariata quando vado a Messa, anzi vedo che ha anche memorizzato alcuni versetti della Bibbia, e quando vede film sulla Passione di Cristo versa lacrime dicendo: «Quanto ha sofferto Gesù!». È un riconoscimento importante, questo, dalle labbra di una musulmana.

Quanto a mio padre, non si ricorda niente – ha il morbo di Alzheimer. Non mi sono mai pentita della mia scelta e ringrazio Dio di avermi mostrato il suo vero volto. Quando faccio fronte ad alcuni problemi nella mia vita, mi pongo la questione seguente: come avrei potuto portare la mia croce senza Gesù? E poi non vedo neanche più il peccato allo stesso modo! Dio entra nel mio cuore per guarire le mie ferite e sgominare i miei peccati, e sogno che giunga fino alle profondità più recondite.

Da questo momento, i miei pensieri sono cambiati

Quando mi si chiedeva di parlare della mia esperienza, m’interessava sempre discutere di nuove idee teologiche, creative, che scioccano sempre i destinatari, finché padre Ziad Nassar mi ha dato questo consiglio:

Non lavori per la sua gloria personale o perché gli altri si rendano conto della sua cultura teologica; il vostro scopo nella vita consiste nello spiegare agli altri che Dio è loro padre, li ama gratuitamente e li accetta così come sono. Questa è la vera buona notizia, che non consiste nel fornire informazioni teologiche agli altri.

A partire da questo momento, i miei pensieri e la mia relazione col Signore, con le persone e con l’evangelizzazione sono cambiati: ho completato i miei studi in comunicazione e media, poi ho studiato teologia, attualmente sono impegnata nella “Scuola della fede” col padre Ramzi Jreij. Con i miei compagni, ho fondato il gruppo dei “Messaggeri della Via”, mediante il quale predichiamo alle persone per strada e facciamo primo annuncio.

Mi sono anche impegnata nella parrocchia di santa Takla a Bauchrieh con padre Joseph Soueid. Ho composto una decina di inni tra cui “Mio figlio e mio Dio”, che è stato inciso, e sogno di pubblicare un album.

L’ho sentito dirmi: «Sei la mia figlia carissima»

Ringrazio Dio perché è mio padre e perché mi sommerge di speranza e di pace durante le tempeste della mia vita; inoltre, quando lo prego perché mi aiuti nelle mie difficoltà lo sento che mi dice: «Non temere, sei la mia figlia carissima e io sono tuo padre». Lo ringrazio perché è l’unico che mi ama gratuitamente senza chiedermi nient’altro che la mia felicità. Questa è la vera felicità.

Diverse persone pensano di trovare la felicità nel potere, nel denaro, nei beni preziosi, nella bellezza, nei viaggi, negli amici, nel sesso, nell’amore, nel matrimonio e nei figli: tutto questo è buono e utile, a patto che non ne facciamo la base o il fondamento della nostra vita, ché in quel momento rischieremmo di perdere tutto.

Nessuno può sottrarmi l’amore e la paternità di Dio: egli è il centro della mia vita e il mio sostegno! Se Gesù non è la pietra angolare della nostra vita, all’arrivare della catastrofe tutto crolla.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]


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08/07/2020 17:21
 
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Come ho lasciato l’industria del sesso per il cristianesimo



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Abusi sessuali nell’infanzia l’hanno portata lì, ma Gesù l’ha aiutata a liberarsi


Nell’estate del 1980, una bambina di 4 anni e suo fratello andarono a giocare nella piscina di amici. La bambina non era molto affezionata ai padroni di casa, li considerava più che altro dei conoscenti, ma aveva il permesso di andare da loro con il fratello. Nel gran caldo di Jacksonville, Florida (Stati Uniti), poter fare il bagno in piscina era una benedizione.

Il papà di uno dei bambini l’ha portata in bagno, e lì ha abusato sessualmente di lei: “Mi ha toccata e cose del genere”, dice senza scendere nei dettagli.


Oggi si fa chiamare Christina Outlaw, nome che ha assunto dopo essersi sposata, quasi tre anni fa, anche se si riferisce a se stessa come a Crissy.


Lo sguardo degli uomini


Crissy è molto cauta quando parla della sua infanzia; sceglie attentamente le parole, fa delle pause ed esita a trovare l’espressione adatta.


Spiegare la sua giovinezza è difficile, non solo per il dolore che ha affrontato. Crissy sentiva di non avere controllo su niente.


I suoi genitori, appartenenti alla classe operaia, non avevano un buon rapporto. Suo padre beveva. Quando Crissy aveva 12 o 13 anni i suoi genitori hanno divorziato. La madre poi si è risposata.


Ragazzi più grandi l’hanno toccata e uomini adulti la guardavano lascivamente, dice. “Ricordo solo che la gente mi guardava pensando al sesso, soprattutto gli uomini adulti”, commenta.

Dal dolore alla lotta per il controllo


Crissy è cresciuta nella fede battista, nel cuore della Bible Belt. La Convenzione Battista della Florida ha la sua sede proprio a Jacksonville.


A 11 anni ha accettato Gesù Cristo come suo salvatore, ma nell’adolescenza ha preso una cattiva strada.


“Ho sentito che Dio non mi voleva. Quando avevo 17 anni ho abortito”, spiega. “Se mi avesse amato non avrebbe permesso che affrontassi quella situazione”.


SAD,WOMAN,OCEAN

Crissy ha deciso di dare una svolta alla propria vita, e prendere il controllo è diventato il suo obiettivo.


La pornografia


Per alcuni il lavoro, l’alcool o le scommesse sono la via verso l’autodeterminazione. Christina ha scelto di recitare nei film pornografici. Nella sua carriera ha usato il nome d’arte noto attualmente, Crissy Moran.


Dal 1999 al 2006 è apparsa in più di 50 film per adulti. La sua bellezza e il suo fascino erano innegabili.


Ha lasciato l’industria del porno una decina di anni fa, e ha detto che da quando l’ha abbandonata non ha ricevuto più denaro.


Lavora in un negozio di abbigliamento e accessori femminili come stilista, e la cosa più importante per lei è essere cristiana.


La trasformazione di Crissy da bambina abusata a stella del porno e poi a cristiana è stata raccontata ai media e alla stampa cristiana.


Altre stelle del porno, come Linda Lovelace, protagonista di Gola Profonda, sono diventate cristiane dopo aver lasciato l’industria.


In un’intervista concessa ad Aleteia, la Outlaw ha sottolineato che lasciare l’industria pornografica prevalentemente maschile per il cristianesimo è stata la via attraverso la quale ha trovato la pace.


Il suo cambiamento di prospettiva sulla vita è evidente nell’atteggiamento che ha nel suo nuovo lavoro, in cui vede le donne in molto molto diverso.


“Adoro far sì che le donne e le ragazze si vedano belle. Le donne sono bellissime, e ciascuna è diversa. È un lavoro meraviglioso. Le donne non sono più in competizione con me. Vedo la bellezza in tutte. Prima vedevo subito i difetti, ora vedo la bellezza”, spiega.


Nonostante le cicatrici emotive dell’infanzia, Crissy è diventata un’adulta forte e responsabile. Si è diplomata, ha seguito le lezioni di un’università locale e ha svolto vari mestieri, anche come cameriera, ma voleva di più. Dopo essersi scattata delle foto e averle distribuite, ha ricevuto delle offerte da riviste per adulti.


A 25 anni è apparsa nel suo primo video pornografico (ha anche raccontato a un parente gli abusi sessuali subiti nell’infanzia, ma non ha sporto denuncia).


Crissy viveva a Jacksonville, ma in seguito si è trasferita a Encinitas, in California. Vivere lontano dalla sua città natale era una cosa, diventare la protagonista di un film un’altra.


“Sentivo di essere al di sopra di tutto”


Crissy ha visto la pornografia come la strada per raggiungere l’autonomia.


“Pensavo che mi avrebbe dato molta forza, avevo tutte quelle persone che dipendevano da me… Sapevo cosa dovevo aspettarmi. Sapevo quali scene dovevo girare e chi contava. Sentivo di essere al di sopra di tutto, la gente aveva bisogno di me”.


Anche la scelta di Crissy di un compagno sessuale maschile ha confermato la sua idea di chi comandava. Mentre le sue rivali femminili stavano con attori più grandi, per tre anni e mezzo è stata insieme al ragazzo con cui viveva.


Ha vissuto anche con altri ragazzi, e aveva molte relazioni. Aveva bisogno di avere degli uomini intorno a sé. La facevano sentire desiderata e non si sentiva sola. Gli uomini dominavano anche la sua vita professionale.


Le critiche femministe hanno segnalato che la pornografia statunitense risponde ai desideri maschili di intensa stimolazione sessuale anziché ai rapporti di coppia.


Gli uomini hanno aiutato Christina a diventare non solo famosa, ma anche ricca.


La sua pagina web per adulti faceva guadagnare facilmente 20.000 dollari al mese, e il denaro non le mancava di certo.


Un cambiamento radicale


Crissy, però, non si è guadagnata il rispetto degli uomini, rendendosi conto che molti di loro la vedevano solo come un oggetto sessuale. I suoi sogni e le sue speranze non importavano.


Un giorno è andata ad Albuquerque, nel New Mexico, per incontrare il suo fidanzato sul suo posto di lavoro, che non aveva nulla a che fare con il mondo dell’industria porno.


Un collega del ragazzo ha distribuito delle foto di sua moglie che posava in topless, e gli uomini si sono messi a ridere. Crissy si è arrabbiata. “Se fosse mio marito, spererei che non distribuisse mie foto”, ricorda di aver detto agli uomini.


È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dopo l’incidente, Crissy ha detto al suo agente “Ho bisogno di una pausa. Non so cosa dire. Poi gli ho detto che era finita”.


Christina ha parlato con qualcuno di Dio. “Mi ha detto di confidare in Lui, e che mi avrebbe guidata. Mi sono sentita condannata a darmi per vinta… La gente dell’industria non era davvero mia amica”.


Anche se Crissy è rimasta a Los Angeles, il suo stile di vita è cambiato. Ha perso i contatti con amici e colleghi di lavoro.


L’uomo che gestiva la sua pagina per adulti ha rifiutato di chiuderla. Non riceveva più grandi guadagni mensili, e soprattutto doveva imparare a vivere da sola.


Il ritiro di Crissy dall’industria della pornografia ha avuto forti ripercussioni a livello emotivo e spirituale. “Ho avuto forti traumi successivi. Non sapevo come riuscire a pagare i conti. Sono abituata a pagarmi la manicure, la parrucchiera… Rinunciarci per me è stato estremamente traumatico”.


La transizione di Crissy da stella del porno a donna cristiana non è stata automatica. Ci sono stati ostacoli nel cammino. Non si è sempre astenuta dall’uscire con i ragazzi. Aveva degli incubi. Si è però unita alla Chiesa cristiana a Los Angeles.


Ha svolto vari lavori d’ufficio e ha lavorato per Treasures, un’organizzazione religiosa senza scopo di lucro che guida uomini e donne dell’industria del sesso. E ha smesso di uscire con i ragazzi per 10 mesi.


Finalmente una famiglia


In questo “periodo sabbatico”, Crissy ha conosciuto un uomo attraverso un amico comune. Viveva in Texas. Si parlavano per telefono e sono diventati amici. Nel maggio 2012 si sono sposati.


Da piccola Crissy sognava di avere una famiglia. “L’obiettivo della mia vita non era diventare medico o avvocato, ma moglie e madre”.


La prima parte era diventata realtà, la seconda no. Per anni, quando lavorava nell’industria del sesso, Crissy non desiderava diventare madre.


Ora, però, quell’idea le è tornata in mente. “Prego per avere un figlio, ma se non succederà… Il mio desiderio è stare vicino a Lui”.


Mark Stricherz è corrispondente da Washington per Aleteia, autore di Why the Democrats are Blue (Encounter Books). Seguitelo su Twitter su @MarkStricherz





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08/07/2020 17:25
 
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Brittni De La Mora: ero una pornostar, poi ho incontrato Gesù


BRITTNI DE LA MORA, PORN, CONVERTED






Sette anni nell’industria del cinema hard e nell’inferno delle droghe, poi l’incontro con la Chiesa e poi molte ricadute. Alla fine, Brittni ha ceduto allo sguardo di Dio su di lei: “È Gesù che mi ha strappato i peccati”.




Prima di amare Gesù, io non amavo me stessa. Solo scoprendo come Dio mi vede ho potuto anche amare chi ero. Sono rimasta per molto tempo in un luogo in cui non conoscevo il mio valore e ciò che meritavo. Dio dice che io ho un valore immenso anche dopo tutto quello che ho fatto, dopo tutti i miei peccati.



È il passaggio decisivo della testimonianza dell’americana Brittni De La Mora davanti alla telecamera di Life Today; è un capovolgimento che è anche un nuovo inizio. Nessuno ha una condotta candida, c’è chi si pente sinceramente dei propri peccati e riesce a lasciarseli alle spalle perché restano archiviati nel passato. Non lei. Ci sono quasi duecento film hard in circolazione che la vedono protagonista col nome d’arte Jenna Pristley; non ha diritti su quelle pellicole, ma non è più la pornostar di allora.



La conversione nel suo caso non può essere solo una faccenda superficiale, perché «tutti i peccati le stanno davanti» (trema al pensiero che i suoi figli possono imbattersi nei video di Jenna Pristley) eppure il passato non ha più il potere di ingabbiare la sua persona. Anche se lo ripetiamo spesso, che Cristo ci abbia liberato dai peccati è una realtà che vince anche tutta la documentazione mediatica del traviamento di una persona. Nel 2018 la De La Mora ha portato la sua testimonianza anche in Italia, a Napoli.


Essere guardata, essere amata





Ecco perché la famiglia è l’alveo che introduce il bambino alla realtà: il padre e la madre sono figure legate all’origine del mondo. I genitori sono l’eco di Dio che guardando ogni cosa disse che era buona; l’essere è buono, la presenza è una cosa buona. La ferita iniziale nella vita di Brittni accadde proprio nella dimensione domestica: sua madre, da piccola, le ripeteva che la odiava e desiderava non fosse mai venuta al mondo. Tradito questo bisogno primario di essere amato come presenza, il cuore si arrabatta come può.



Se manca il pane, ci si accontenta delle briciole. E così, ricostruendo il proprio percorso distruttivo, Brittni riconosce di aver cercato altrove l’amore che le era mancato in famiglia, in ogni altrove: va al college e si mantiene da sola, fa la spogliarellista e ha rapporti promiscui. Un giorno un produttore cinematografico la avvicina e le dice: “Sei bellissima, meriti di diventare una star”. Ecco il surrogato malvagio dello sguardo paterno che colpisce a morte usando l’arma dell’apparente premura: lei ha 18 anni, capisce benissimo che le viene proposta una carriera nell’ambito dei film per adulti e accetta.


Sapevo cosa mi proponevano, ma sentivo anche che mi stavano nutrendo, si curavano di me. E ho pensato che fosse ciò a cui dovevo appartenere. (da Life Today)

Per sette anni Brittni resta nell’inferno dell’industria pornografica e abusa di droghe. Un momento di lucidità la strappa all’abisso, telefona a sua nonna e le confessa: “Se non esco da qui, uccido me stessa”. Da questa embrionale e balbettante preghiera la provvidenza di Dio comincia a lavorare, ed è – come sempre – un duello senza esclusioni di colpi con la libertà umana. Chiedere aiuto è un inizio clamoroso, ma non basta.


È Lui che strappa di dosso i peccati


Dopo quella telefonata, la nonna si precipita da lei e la allontana da Los Angeles, portandola a San Diego. Grazie al nonno, e spinta da una curiosità personale, Brittni comincia ad andare in chiesa; la Bibbia la stordisce di bello, se ne innamora e legge tantissimo. Con un percorso vagliato insieme ai ministri della Chiesa si avvicina ai Sacramenti, ma la tentazione bussa alla porta e lei cade di nuovo.



Un uomo ritorna alla carica e le promette di fare di lei una star molto più celebre di quello che già era stata; lei gli crede e riprende a girare film porno. Ma riconosce di non essere più sola come prima, la voce dello Spirito Santo si fa sentire nella coscienza. La preghiera le fa vivere in modo amaro il suo lavoro e matura l’idea di smettere del tutto. Raccontando questo passaggio della sua vita, Brittni è molto chiara nel dire che l’intuizione avuta in fondo a quel nuovo tunnel di buio non può essere stata solo frutto della sua testa, lo Spirito – azzarda lei – deve averla illuminata: decide di chiamare sua madre, propria l’ultima persona a cui lei si sarebbe rivolta per chiedere aiuto. La mamma è da lei in venti minuti, e la porta via. Ma il tira e molla con le ricadute nella voragine non è finito; finisce davvero in un giorno preciso, l’ 11 dicembre del 2012: è a bordo di un aereo diretta a Las Vegas su un set hot e sfogliando la Bibbia legge questo brano:



Io le ho dato tempo per ravvedersi, ma essa non si vuol ravvedere dalla sua dissolutezza. Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si ravvederanno dalle opere che ha loro insegnato. (Apocalisse 2, 21-22)



Si sente chiamata in prima persona, si vede con gli occhi di Dio. Ed è un Dio che chiama per nome il suo male ma la attende con pazienza per darle il volto che si merita. Tipico della struttura emotiva americana è questo rapporto potente con la Parola, un po’ distante dalla nostra tradizione. Da Quel momento Brittni chiude per sempre con la pornografia e si affida totalmente alla proposta cristiana, entrando nella chiesa protestante di Cornerstone a San Diego.





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15/07/2020 14:42
 
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Da evangelico a sacerdote cattolico: la mia vocazione passa anche da Lourdes


DON MAURIZIO PRATICIELLO




Il mistero della vocazione sacerdotale di Padre Maurizio Praticiello si è svelato progressivamente dentro le pieghe della vita, negli incontri più significativi, nella potenza della presenza di Maria SS. Il suo racconto.




 



Infermiere professionale, lavoravo in ospedale. Arrivò che era ancora vivo. Avrà avuto non più di 20 anni. In officina era stato colpito da una scossa elettrica. Facemmo di tutto per strapparlo alla morte. Alla fine volò via.



Non era per me la prima volta che un giovane mi morisse tra le mani. Stavolta, non so perché, fu diverso. Rimasi a guardare quel ragazzo senza vita come intontito: dove era andato? Continuava a vivere? Era tutto finito?

Credo che debbo anche a lui e al mio lavoro in ospedale se la mia riflessione sul senso della vita e della morte sia approdata verso il sacerdozio. Nato in una famiglia cattolica, frequentavo, allora, una Chiesa Evangelica.



Dopo i primi anni di entusiasmo, cominciavo ad avvertire che qualcosa mi mancava in quella comunità che pure amavo.



Un giorno, a Napoli, mi fermai a dare un passaggio ad un frate francescano: quell’incontro mi cambiò la vita. Il ritorno alla Chiesa Cattolica e il desiderio di essere completamente del mio Signore fu tutt’uno. I dubbi, però, erano tanti.



Fra Riccardo vegliava su di me, ma né lui spingeva troppo, né io ero disposto a rischiare. Il tempo passava. Che fare? Andai a Lourdes con l’intenzione di chiedere alla Madonna un po’ di luce. Se il Signore mi voleva sacerdote ero pronto, ma che me lo facesse capire. A Lourdes passavo il tempo tra gli ammalati che accudivo e la preghiera alla Grotta, da dove giungeva una forza magnetica che mi inchiodava per ore con la corona in mano.


 


 



Un giorno, solo, pregavo nella Basilica del Rosario. Ricordo che indossavo la mia vecchia camicia militare e un paio di jeans. La barba alla Fidel Castro, i capelli lunghi e la fronte tra le mani a chiedere un po’ di luce.



Venne a sedersi accanto a me, nonostante la chiesa fosse semideserta.



Gabriele – lo chiamerò così –, cominciò ad aprirmi il cuore. Disposto ad ascoltarlo, gli consigliai, però, di rivolgersi a qualche sacerdote per una confessione. Non volle. Passammo insieme la giornata. Si confidò. Mi raccontò la vita. Poi ripartì. Rimasi ancora solo. I giorni del pellegrinaggio volgevano al termine.



Alla Grotta ancora una volta, rivolsi lo sguardo alla Madre buona: “Non lasciarmi nel dubbio. Sono disposto subito ad abbandonare quel poco che ho costruito, ma dimmi se è ciò che il Tuo Figliolo vuole.” Un dolce rimprovero sembrò che mi giungesse: “Ancora non hai compreso? Ancora gemi?”. Tornato a casa mi iscrissi alla facoltà di Teologia. Fu un anno duro e bello.



La mattina in facoltà, pomeriggio e notte in ospedale. L’anno dopo lasciavo il lavoro per iniziare l’avventura più bella che avessi mai potuto immaginare di vivere.



Il nome del giovane che spirò tra le mie braccia non lo ricordo più. Gabriele non l’ho più rivisto, ma ho sempre considerato la chiacchierata di quel giorno la prima confessione non sacramentale del mio sacerdozio. Fra Riccardo, in Africa, sempre di più innamorato di Cristo e della Chiesa, è diventato più povero dei suoi poveri.



Io sono rimasto in Campania ancora incapace di comprendere e smaltire lo stupore che mi abita dal giorno della mia ordinazione. La mia sorte è caduta su magnifici e deliziosi luoghi. La mia riconoscenza è eterna.

 


 


 






 






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03/02/2021 15:15
 
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La fede di Roberto Mancini: un’ora passata a messa è migliore delle altre




 





Il ct della nazionale italiana, intervistato da Pieluigi Diaco su Rai2, dice di credere alle apparizioni di Medjugorje, e ricorda il sogno della veggente Vicka


La fede di Roberto Mancini si racchiude in questo suo pensiero. Per l’allenatore della Nazionale italiana di calcio un’ora trascorsa a messa è «probabilmente meglio delle altre». Chissà, forse anche meglio di una partita a calcio o di una vittoria della sua Nazionale, sue ragioni di vita.


La messa


La messa, l’incontro con il Signore è fondamentale nel percorso di fede che ha forgiato il giovane Roberto, cresciuto a pane e oratorio. «La Chiesa era un pò la mia vita».


Poi momenti di crisi interiore, prima del ritorno verso Dio. Che «mi ha aiutato nei momenti un po’ più difficili della mia vita. Mi aiuta anche adesso», confessa Mancini a Pierluigi Diaco, nella prima puntata del nuovo programma “Ti sento“, andata in onda ieri, martedì 19 gennaio, in seconda serata su Rai2.


Mancini e Medjugorje


Roberto Mancini spiega che Medjugorje è stato un momento decisivo nel suo incontro con la fede. «Tu credi nelle apparizioni della Madonna?», chiede Diaco. «Io credo. Sì io ci credo. Sono andato diverse volte, ho parlato con Vicka, con gli altri veggenti…», replica il Mancio.


medjugorje
Guitta Maroun

Il sogno di Vicka


Diaco lo incalza: «E’ vero che lei ti è apparsa in sogno, prima che tu la incontrassi?».


 

Mancini conferma. «Mi aveva parlato di Medjugorje tanti anni fa il nostro parroco di Genova della Samp – ricorda l’allenatore della nazionale -. Lui andava negli anni quando era impossibile quasi andare, quindi stiamo parlando degli anni ’80, ’82-’83, quando c’erano problemi. Io non l’avevo mai vista (si riferisce a Vickandr). Cioè non l’avevo mai conosciuta, eppure prima di andare mi è apparsa in sogno, non ho proprio la minima idea. Non lo so, è stata una cosa veramente stranissima. Poi sono andato e gliel’ho anche detto. Ci siamo parlati diverse volte».



I veggenti di Medjugorje nel periodo delle prime apparizioni.


“Rispetto per chi non crede a questi fenomeni”


«Io capisco che ci possano essere persone che non credono in questo – prosegue Mancini parlando di e apparizioni mariane – io credo che il pensiero vada rispettato. La mia è una posizione diversa. Sono per la libertà di pensiero assoluta».

“Che cosa ti commuove?”

Dall’intervista emerge anche un altro lato sensibile del ct della Nazionale italiana.

Alla domanda «Che cos’è che ti commuove?», Mancini risponde: «Mi commuovono i bambini o pensare che un bambino possa perdere i genitori da piccolo. Questa è una cosa che mi commuove molto perché penso che non sia giusto. Penso che non sia giusto che un bambino non possa crescere con i propri genitori

 

 


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